I MISTERI ELEUSINI |
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Prima di iniziare
a parlare specificatamente dei Misteri Eleusini, è necessario innanzitutto
situare i culti di mistero entro una tipologia che renda conto delle differenze
ed affinità rispetto ad altri rituali. Sarà un'analisi ridotta all'essenziale, che risulta però necessaria per comprendere lo spirito dei misteri di Eleusi. Una categoria molto generica fu proposta dallo studioso Van Gennep nel 1909: si tratta dei riti di passaggio, che sanciscono il passaggio da una condizione ad un'altra, e possono riguardare tanto la collettività che il singolo. Solo per fare un esempio, si parla di riti di passaggio collettivi nel caso di riti di rinnovamento periodico della fertilità e della vita, con ritmo stagionale e quindi ciclico. Questi culti stagionali di fecondità si basano su un racconto "mitico": la vicenda di una divinità, o meglio una coppia di dei, è la motivazione del rito e di ciò che esso celebra annualmente. Laddove il rito ripete annualmente ciò che è avvenuto una volta sola: è proprio il caso della vicenda di Persefone, di Attis, Adonis, Osiride, Dumuzi, tutti dei caratterizzati non da una definitiva resurrezione, ma da una capacità "tornante", definiti dei in vicenda, e "paredri", ovvero partners, di una dea "stabile": Demetra, Cibele, Afrodite, Iside, Inanna. |
I riti di passaggio del singolo sanciscono momenti essenziali nella vita, come la nascita, le nozze, i funerali, che sono anch'essi passaggi da uno stato ad un altro. Tra i riti individuali vi sono i rituali di iniziazione, che implicano cioé un segreto, hanno un carattere esoterico, e differiscono da quelli prima citati proprio per questa loro connotazione: il segreto iniziatico, condiviso da tutti i membri del gruppo, e solo da loro, costituisce il legame più specifico per contraddistinguerlo dalla massa dei non iniziati. Ad esempio, di questi fa parte il rito di pubertà maschile, in cui alcuni giovani ricevono l'iniziazione dai più anziani, e tramite prove e riti si consacra il loro passaggio al gruppo tribale, implicante la possibilità di esercitare tutte le funzioni cui tale appartenenza dà diritto. Senz'altro più conosciute sono le società iniziatiche, che implicano una serie di iniziazioni e quindi l'accesso a gradi sempre più elevati di conoscenza; le società segrete, che sono un'evoluzione delle precedenti e di certo più elitarie ed impenetrabili; le società di mestiere, o corporazioni, ed anche, in certo qual modo, l'iniziazione alla qualità di sciamano, benché essa non avvenga all'interno di un gruppo come tutte le altre. È necessario soffermarci sulla terminologia: derivando infatti dal greco mystes, ovvero iniziato, molti storici fanno del mondo greco ed ellenistico la culla dei culti misterici. Non va però dimenticato che sul ciclo morte-resurrezione si basavano anche i misteri di Iside ed Osiride, che, nati in Egitto, sono da molti considerati la vera matrice dei culti orfici e dionisiaci, di Attis e Cibele, di Adone ed Astarte. |
Tutti poi si diffusero nel
mondo greco-latino.
Siano i culti misterici di matrice egizia o greca, il termine mistico non
può essere interpretato cristianamente come fuga dal molteplice e ricerca
dell'Uno, come atteggiamento religioso in cui l'anima del fedele tende ad
avvicinarsi a Dio. Per l'Ateniese significava interferenza tra due piani,
quello umano e quello divino, con particolare riferimento agli dei mistici,
che proprio per queste loro vicende di morte prima, e di ricomparsa poi, subivano
un destino umano.
Il "fedele" che partecipava alle loro storie e diveniva familiare
con essi, poteva godere di tutti quegli effetti benefici che scaturivano dalla
risoluzione positiva della vicenda del dio.
I culti di fecondità sono, dunque, culti mistici. I culti misterici
sono culti mistici in cui si aggiunge sia l'elemento dell'iniziazione individuale,
anche se nel contesto di un gruppo, sia la speranza di una beatitudine prima
e dopo la morte.
A questo punto si può affermare che i Misteri Eleusini sono un culto
mistico e misterico insieme. Pur esistendo altri culti di mistero che celebravano
la rinascita annuale, quello di Eleusi aveva un ruolo privilegiato nella Grecia
classica, anche perché costituiva un elemento aggregante notevole.
Infatti, diversamente da altri riti, vi erano ammessi tutti, al di là
dell'appartenenza sociale, purché parlassero la lingua greca e non
avessero le mani macchiate di sangue umano.
Si svolgevano annualmente in onore di Demetra
e Persefone nella città di Eleusi, a circa 22 Km da Atene, dove
folle di adoratori si riversavano, aiutati anche da un periodo di tregua
di 55 giorni stabilito proprio per facilitare la partecipazione ai Misteri.
Nonostante la condanna dei Padri della Chiesa, i Misteri, che si erano celebrati per 2000 anni, continuarono ancora per centinaia di anni dopo l'arrivo del Cristianesimo. Il santuario di Eleusi fu chiuso nel 391 dall'imperatore Teodosio, la città distrutta nel 395 d.C. dai Visigoti. |
Prima di entrare nei dettagli,
sarà bene far riferimento alle fonti in nostro possesso, tenendo conto
che anche in quelle dei Padri della Chiesa, che naturalmente ironizzavano
e denigravano i riti, trapelano notizie interessanti. È a queste fonti
e agli scritti di autori pagani, più che reticenti, che dobbiamo inevitabilmente
riferirci, mancando qualsiasi notizia certa circa la vera essenza dei misteri,
cosa che d'altro canto sottolinea la loro fondamentale importanza proprio
tacendone i segreti.
Come fonte principale partiamo dall'Inno
a Demetra, attribuito ad Omero, ma scritto più tardi. Nonostante
questo, una lettura del testo, la cui datazione è incerta,
di circa 495 versi, è doverosa. Oggetto dell'inno è
il rapimento di Persefone (che i greci chiamavano Kore, o Fanciulla)
da parte di Ade, la venuta di Demetra in lutto ad Eleusi, la liberazione
parziale della figlia e l'istituzione dei riti eleusini. Il rapimento
è descritto all'inizio: mentre Kore gioca con le Oceanine nella
pianura Nisea, un meraviglioso fiore, un narciso, fatto nascere appositamente
da Gaia, la Terra, la distrae. |
Ma, al contrario, ella solidarizza
con gli uomini: si reca presso di loro, pur mascherando la sua vera identità
sotto le spoglie di un'anziana nutrice.
Giunta ad Eleusi, incontra le figlie di Celeo, il re locale, che la conducono
alla reggia, al cospetto di Metaneira, loro madre e regina. Questa le offre
il trono, ma Demetra si siede su un rozzo sedile, più angosciata che
mai, rifiuta il vino rosso offertole, e chiede il ciceone (bevanda di cui
tratteremo più avanti).
Accetta invece di occuparsi del piccolo figlio della regina, che alleva come
fosse un dio, e tratta di notte con tutta una serie di rituali, quali l'unzione
con l'ambrosia e l'immersione nel fuoco, allo scopo di renderlo immortale.
Metaneira, scoperto ciò che succede, è terrorizzata: dopo un'invettiva
contro la sua stupidità che causerà al figlio la venuta della
morte, Demetra si rivela e chiede che venga costruito un tempio in suo onore,
dove insegnerà alla gente i suoi riti speciali.
Poi scompare.
Ultimato il tempio, la dea vi prende dimora, e si rifiuta di riunirsi agli
altri dei nell'Olimpo. E rifiuta di far germogliare i semi: segue un anno
di carestia e di sofferenza tanto per gli uomini quanto per gli dei, che non
hanno più sacrifici.
Zeus deve intervenire
e lo fa tramite la messaggera Iride, comandando a Demetra di riprendere
le sue funzioni. Ma l'arma di Demetra è proprio questa: lei può
minacciare l'ordine prestabilito, ed in questo modo spinge Zeus a cedere
alla sua richiesta di riavere con sé Persefone. A questo punto Zeus manda Hermes da Ade con la richiesta di riportare Kore a Demetra. Pur accettando, Ade ricorre ad uno stratagemma: fa mangiare a sua moglie un chicco di melograno, di modo che ella sarà costretta a passare un terzo di ogni anno con lui, in inverno, ed i due restanti terzi tra gli dei, risalendo alla luce in primavera. Demetra accetta e la pianura rifiorisce. |
Il poema termina con l'invocazione delle due dee ed una promessa di ricchezza ai loro devoti, sia in questa vita che in quella futura: "… E Demetra a tutti mostrò i riti misterici a Trittolemo e a Polissero, e inoltre a Diocle, i riti santi, che non si possono trasgredire né apprendere né proferire: difatti una grande attonita atterrita reverenza per gli dei impedisce la voce. Felice colui – tra gli uomini viventi sulla terra – che ha visto queste cose: chi invece non è stato iniziato ai riti sacri chi non ha avuto questa sorte non avrà mai un uguale destino, da morto, nelle umide tenebre marcescenti di laggiu'."
La divinità
oggetto del culto era in origine agraria. Tutta la civiltà cretese-egea
venera la Potnia, ovvero signora, patrona, potente, ossia la terra,
la Grande Madre, che dà la vita, e sperimenta la morte per poi
tornare in vita; depositaria delle forze della natura e del ciclo vitale.
È sempre raffigurata con una torcia alta nella sua mano, il fiore
ancora chiuso, simbolo della virtù generante, e la melagrana
matura, simbolo di fecondità e sessualità. C'è un naturalismo di base, in cui le divinità sono ctonie, cioé connesse con la terra, la vegetazione, il suolo. Possiamo dunque dire che Demetra deriva dall'antica divinità delle trasformazioni, quella selvatica e misteriosa, che come la terra conosce una metamorfosi delle forme, la pausa e il risveglio, il nascere, morire e rinascere. Questa sua derivazione si evince anche dall'etimologia del nome, che alcuni fanno derivare da DaMeter, dove Da sta per gea, ossia terra. La stessa radice si ritrova nel nome di Poseidone, fatto derivare da Poteidan, ossia marito di Da. Infatti egli è marito di Demetra. |
Non si sa con certezza come
e quando il culto agrario divenne rito misterico, ma, dal momento che i misteri
eleusini venivano patrocinati dallo Stato, sicuramente rappresentavano qualcosa
di molto pericoloso, tanto da doverlo controllare.
In realtà si poteva controllare l'aspetto essoterico del culto, ovvero
quella parte di esso che si svolgeva pubblicamente: la processione che, essendo
visibile da tutti, quasi sottintendeva il carattere esoterico, occulto, quello
che non era di dominio pubblico, ma appannaggio di pochi.
Potremmo dire che il carattere volutamente luminoso della processione riproduceva
il mito, mentre nel più totale segreto venivano svolte le iniziazioni.
Siamo giunti nel vivo
dei misteri, che vedevano la presenza di vari personaggi. I più importanti erano il Sommo Sacerdote o Ierofante, l'unico che entrava nella stanza segreta, dove erano custoditi gli oggetti sacri, Hiera, che officiava le parti più solenni dei riti, aiutato dalla Sacerdotessa. Colui che portava la fiaccola era il Dadouchos, che purificava chi ne aveva bisogno, aiutato dalla dadouchosa, sua assistente, con cui provvedeva agli effetti luce durante la celebrazione. C'erano, inoltre, dei personaggi minori: dall'araldo ufficiale, o Hieorokery, che richiamava al silenzio, al Prete che officiava i sacrifici animali, ed altre sacerdotesse, alcune delle quali prendevano parte al dramma inscenato, altre forse portavano gli oggetti sacri in processione. |
La celebrazione prevedeva
due fasi: i Piccoli e i Grandi Misteri. I Piccoli Misteri si svolgevano nel mese dei fiori Anthesterion (febbraio-marzo), e celebravano la nascita della natura, ovvero il ritorno di Kore sulla terra. Si svolgevano ad Agrai, sobborgo di Atene, sulle rive del fiume Illisso. Della durata di tre giorni, essi preparavano, purificando, ai Grandi Misteri, tramite meditazioni, preghiere, atti di penitenza, sacrifici, alla fine dei quali gli iniziandi, ossia i mystes, si coprivano il capo. Ciò ad indicare che, pur avendo intrapreso il cammino verso la suprema conoscenza, non ne avevano ancora scoperto il segreto. Il tutto avveniva sotto la direzione di un mistagogo, che li istruiva anche sui miti che narravano le vicende delle due dee. |
I Grandi Misteri avevano luogo
nel mese di Boedromion (settembre- ottobre) e duravano 9 giorni, dal 15 al
23; ogni giorno gli iniziati seguivano una serie di azioni rituali. I primi
giorni erano preparativi: i sacerdoti trasferivano gli oggetti sacri da Eleusi
all'Eleusinion, recinto sopra l'agora; qui, sotto la guida di un mistagogo
si riunivano i partecipanti, cui uno ierofante (ovvero "colui che mostra"
o "dice le cose sacre") dava istruzioni.
Era questa la fase in cui quelli che non parlavano il greco o erano impuri
venivano esclusi.
Poi aveva luogo la prima fase della cerimonia, che consisteva nella purificazione
sulle rive del mare dalla parte del Falero, al grido di "Iniziati,
al mare!", dove ogni iniziato, con il suo personale tutore, recava
un maialino lattante, anch'esso lavato nell'acqua, e poi sacrificato. Da questo
momento era imposto il digiuno.
Gli iniziati si riposavano per due giorni, continuando a meditare. Poi c'era
la seconda fase, ovvero la grande processione da Atene ad Eleusi, lungo la
Via Sacra, con previa sosta sull'Acropoli, seguendo un carro con la statua
di Iacco (identificata con Dioniso) e gli altri oggetti sacri, il tutto sempre
accompagnato da canti e danze. Ogni tappa del percorso si rifaceva al mito.
Lungo il percorso veniva attraversato il ponte sul fiume Kephysios, che divideva
i territori di Atene da quelli di Eleusi. Esso rappresentava simbolicamente
il passaggio dalla terra dei vivi a quella dei morti. Si dice che qui gli
iniziati subissero alcuni scherzi osceni, forse a memoria di quelli che l'anziana
serva Iambe fece a Demetra nel tentativo di farla sorridere.
Giunta la sera del
19, aveva luogo l'iniziazione di primo grado, in cui si riproponeva
il dramma di Demetra e Persefone, con il daduco, portatore principale
della fiaccola, ad impersonare Demetra, i suoi lamenti e la sua disperazione
per la perdita della figlia, e tutti gli iniziati dietro di lui correvano,
intrecciandosi ed agitando le fiaccole intorno al Pozzo Sacro, lo stesso
presso cui Demetra si fermò. Il pozzo era situato all'angolo dei Grandi Propilei, tramite cui si giungeva ai Piccoli Propilei, che conducevano nel sacro recinto, dove solo gli iniziati, pena la morte, avevano accesso. |
La rappresentazione ed il digiuno
terminavano con l'assunzione del Kykeon, ossia ciceone, la stessa bevanda
che Demetra chiede nell'Inno.
Circa la sua funzione, qualcuno associa l'assunzione del ciceone con l'Eucarestia,
indicando una comunione mistica con la divinità, data anche l'assenza
di carne, mentre altri negano del tutto il suo valore sacramentale.
Entrati nel sacro recinto del Telesterion, gli iniziati dovevano pronunciare
una specie di parola d'ordine, che consentiva l'accesso al rituale.
Vi era poi l'iniziazione di secondo grado, in cui i pochi eletti spegnevano
le fiaccole e attendevano in sacro silenzio l'unione tra Demetra e Zeus, nelle
persone dello ierofante e ierodula; il Sacerdote tornava allora con una spiga
nella mano, che stava ad indicare il Figlio di quell'unione, la nascita di
una nuova vita, ossia la rinascita dell'iniziato.
Nonostante i Padri della Chiesa insistettero sull'aspetto orgiastico dei misteri,
fu proprio Ippolito a ricordare che "... gli Ateniesi, nell'iniziazione
di Eleusi, mostrano a coloro che sono ammessi al grado supremo (epo-pteuosi)
il grande e mirabile e perfettissimo mistero (mystêryon) visionario
(epoptikon) di là: la spiga di grano mietuta in silenzio. Lo ierofante
in persona… che si è reso impotente con la cicuta e si è
staccato da ogni generazione, di notte, ad Eleusi, in mezzo alla luce delle
fiaccole, nel compiere il rituale dei grandi ed ineffabili misteri, grida
ed urla proclamando: ‘Brimò Signora ha generato il sacro fanciullo
Brimòs’…"
Questo figlio simbolico forse era Iacco, forse Pluto, nato da Demetra e Giasone,
o forse Dioniso, figlio di Persefone e Zeus. Ogni interpretazione viene complicata
proprio dall'evolversi dei culti di Eleusi nell'arco di circa 2000 anni.
Aldilà dell'evidente denigrazione di Ippolito, otteniamo dati importanti:
la spiga è simbolo di vita e fecondità, e viene generata da
un'unione sacra.
Certi di non sapere cosa realmente l'iniziato "vedesse", sappiamo
che in lui le cose mostrate e viste operavano una reale trasformazione, che
la visione - epopteia - era un'esperienza che mai avrebbe scordato.
L'idea che la visione sia l'apice dei misteri, ci fa capire quanto essi non
fossero un insegnamento, qualcosa che si poteva apprendere, ma fosse piuttosto
la contemplazione, la rivelazione di un qualcosa che era "visto".
Di certo l'apice del rituale si pone dopo i dromena, quando il Sacerdote,
rimasto solo nell'anaktoron, ossia la camera segreta del tempio,
ne usciva con gli oggetti sacri consacrati dalle due dee, e li mostrava agli
iniziati.
Cosa fossero tali oggetti non si sa. Oltre alla spiga di grano recisa, che
sembra comparire in tutte le fonti, si parla anche di pane benedetto, e di
simboli sessuali stilizzati.
È probabile che l'iniziato toccasse un simulacro del grembo materno,
il simbolo e la rassicurazione della sua sopravvivenza eterna. È chiaro
che il contatto con le sacre cose era fondamentale, e rappresentava, dopo
la partecipazione alle vicende divine, la comunione con il divino.
Finita la celebrazione, gli iniziati sarebbero tornati ad Atene non in processione,
perché era giunto il tempo di meditare.
Pindaro parla dell'importanza del "vedere", durante l'epopteia,
le cose mostrate dallo ierofante, il quale recitava la formula: "Piovi,
porta frutto".
L'ironia dei Padri della Chiesa resta legata a queste formule, che non erano
segrete: era ciò che le accompagnava che rimase sempre tale. In effetti,
cosa gli iniziati vedessero è il mistero nei Misteri.
Forse s'inscenava
un viaggio simbolico negli Inferi, accompagnato da tutti gli orrori
che attendono i non iniziati, contrapposti poi ad immagini beate, che
gli iniziati avrebbero guadagnato. La visione era accompagnata da una luce abbagliante, ed è anche probabile che consistesse nell'apparizione di Persefone dal mondo dei morti, nel senso di una rottura totale di barriere tra mondo infero e mondo terreno. |
Essere
iniziato ad Eleusi voleva dunque dire ricercare l'armonia con la natura, l'unità
tra mondo materiale e divino, tra vita e morte.
Qui si giungeva ad un grado di conoscenza superiore, paragonando l'uomo alla
vegetazione: le piante, che sembrano morire in inverno, rinascono, invece,
più vigorose di prima, durante la primavera.
Nei Misteri Eleusini non s'impartivano insegnamenti o dottrine, ciò
che legava ed accomunava tutti era appunto la visione.
È da riconoscere negli antichi misteri un alto grado di esoterismo.
Anche ad Eleusi gli iniziati dovevano lavorare su se stessi, sapendo che ciò
cui avrebbero assistito avrebbe mutato radicalmente il modo di vivere e di
pensare.
Erano pronti, cioé, ad affrontare il "rito di passaggio",
la cui prima fase è sempre quella della separazione dal vecchio status.
L'alternarsi di buio fitto e luce intensa poi sta a rappresentare questo avvenuto
passaggio.
La "visione" dei sacri oggetti potrebbe simboleggiare la presa di
coscienza reale di una conoscenza superiore attraverso la comprensione dei
simboli.
Il rientro nel mondo di tutti i giorni, quello dei profani, avverrà
con la consapevolezza che tutto è cambiato grazie al privilegio ottenuto
con l'iniziazione.
Si passava, in sostanza, per tre tappe: la morte, rappresentata dalla notte,
dal buio, dalla macerazione del seme nella terra durante l'inverno; la rinascita,
rappresentata dalle fiaccole, dalla spiga di grano derivata dal seme morto
solo in apparenza; il raccolto, ovvero il vivere con diversa consapevolezza
il mondo materiale.
Infatti, distaccatosi dalla sua forma mortale, l'iniziato intravedeva il principio
che sempre rinasce.
Si dice che in Sicilia l'epoptai venisse condotto in una radura spoglia, a
ricordo dell'ira di Demetra. All'interno di un circolo formato dagli altri
iniziati prendevano posto lo ierofante e l'assistente. Le fiaccole si spegnevano
all'improvviso, il silenzio era totale. A quel punto lo ierofante urlava:
"Sia interrato come i morti, vivo! Vivo, venga interrato come i morti".
La prova dunque consisteva nello choc di essere sepolto in un cunicolo come
il seme sottoterra. Doveva affrontare la morte rituale, e quando si "riprendeva",
non si trovava più nel cunicolo, ma di fronte allo ierofante che gli
mostrava un chicco di grano maturo.
Avendo sperimentato, al livello immaginativo, il destino del seme, egli aveva
coscienza di recare in sé un'esistenza non più individuale del
corpo, ma superindividuale dell'anima.
Alcuni studiosi sostengono che la visione consistesse nello sperimentare il
passaggio attraverso i 4 elementi: dalla terra al fuoco all'aria all'acqua,
ammettendo in tal senso un forte legame con l'alchimia.
Sembra che nel corso delle cerimonie fosse tracciata una croce a forma di
Tau sulla fronte degli iniziati, e venissero loro richiesti dei ramoscelli
di acacia come simbolo di immortalità, forse perché tale pianta
apre e chiude le proprie foglie ad indicare la nascita e la morte.
Vicini ai Misteri
Eleusini sono i Thesmophoria (Thesmoi=leggi e phoria=portare), celebrati
nel tardo mese di ottobre in Grecia solo dalle donne. Anche qui vi era
il sacrificio di un maiale, considerato simbolo di fertilità
ed abbondanza. I riti prevedevano digiuni ed astinenze e purificazioni,
discesa nell'oltretomba, uso della magia per riportare la vita indietro
dalla morte. Forse i due riti avevano le stesse origini storiche, tanto che anche in questi si manipolavano i Miloj, pani di sesamo e miele a forma di genitali femminili. |
Presso i Greci si parlava di
mistero per indicare una verità nascosta, che poteva essere comunicata
solo agli iniziati, a coloro i quali veniva imposto il silenzio, per difendersi
dalle false interpretazioni.
Nelle antiche religioni misteriche i mistagoghi, cioé i sacerdoti che
presiedevano ai riti, si servivano di olio, acqua, miele, latte, fuoco, ed
altro per trasmettere le forze soprannaturali ai fedeli, al fine di giungere
ad un'unione con la divinità.
Il contatto era cioé cercato per via simbolica e magica.
Tutto ciò che faceva parte del rituale aveva importanza, dai colori,
ai vestiti, agli strumenti, e soprattutto al tempo astronomico in cui si svolgevano.
I Misteri nascono perché l'uomo si rese conto di quale fosse il suo
destino: la morte. Per garantire l'immortalità tramite l'unione con
la divinità sorsero i misteri di Iside e Osiride in Egitto; in Frigia
di Attis e Cibele; in Grecia di Demetra e Kore. Si poteva essere immortali
o rinascere come Persefone, diventare cioé un dio.
In genere i Piccoli Misteri di ogni religione misterica mirano allo sviluppo
e alla perfezione dello stato umano, la restaurazione dell'Eden, o stato primordiale.
I Grandi Misteri, invece, si spingono oltre: sono la conoscenza di ciò
che è oltre la natura, della pura spiritualità, della presenza
della natura divina nel genere umano.
Le religioni misteriche, rispetto a quelle ufficiali, non si rivolgevano dunque
al cittadino, non officiavano riti affinché gli dei proteggessero lo
Stato, ma si rivolgevano all'uomo, all'individuo, che, entrando in stretta
familiarità con la divinità, si creava un'aspettativa soteriologica,
ovvero la salvezza anche dopo la morte.
Per questo motivo potevano prendervi parte, in una scelta cosciente, tutti,
a prescindere dalla loro classe sociale.
Fu forse per questo che le classi tenute ai margini della società,
le donne, gli schiavi, i meno abbienti, videro in tali culti la possibilità
di trovare un'identità che spezzasse la logica dell'appartenenza sociale
e divenisse invece esperienza personale, perché, nell'obbligo di osservare
il più totale silenzio sull'essenza stessa dei riti, da un lato si
creava un'altra comunità, quella degli iniziati, che s'incontravano
separatamente, di notte, dall'altro ognuno instaurava un rapporto intimo con
la divinità.
In sintesi, le religioni misteriche seppero rispondere ai nuovi interrogativi
sull'immortalità, sul reale rapporto tra mondo umano e mondo divino,
tra corpo ed anima, collocando al centro del tutto quest'ultima e riconoscendole
un'origine divina. I misteri assicuravano la continuità dell'esistenza,
la prosecuzione dell'essere, il divino rinascere, in cui la vita non è
più esperienza del corpo, ma dell'anima.
Infatti, la continuità tra madre e figlia (Kore è il grano in
erba, Demetra è invece la spiga matura), che allude a quella tra morte
e rinascita, indica che esse sono due aspetti di un unico processo, che, in
quanto universale ed eterno, assicura la continuità dell'identità
di ogni essere umano, non più legata ai vincoli spazio-tempo.
La morte non è definitiva scomparsa, ma il passaggio all'immortalità:
il seme gettato nell'oscurità della terra non muore, non cessa di esistere
solo perché non lo vediamo, ma si prepara al suo rito di passaggio,
che lo condurrà alla nuova vita nella spiga di grano.
FONTE
Interamente tratto e liberamente condensato
da http://www.acam.it “I
Misteri Eleusini” di Alessandra Economo del Gruppo
Mizar
IMMAGINI
Giochi Olimpici 2004, http://walisabeth.blogspot.com/2004_08_01_archive.html
Persefone come regina degli Inferi, http://www.holycross.edu/departments/classics/jhamilton/mythology/persephone
Kerameikos, Eleusi, http://www.andrewgough.co.uk/blog2.html
Kore, Eleusi, foto di M.G.Ricotti
Demetra, http://altreligion.about.com/library/graphics/demeter17.jpg
Sacerdotesse greche, Olimpiadi invernali 2002, http://news.bbc.co.uk/cbbcnews/hi/sport/newsid_1664000/1664820.stm
La caverna sacra di Ade, Eleusi, foto di M.G.Ricotti
http://www.anagoor.com/Dell'istituzione%20di%20cori/immagini/immaginiHQ/BaccantiPrimaLiberazione.jpg
Danzatrici greche, http://bilingual.rdec.gov.tw/KM/KM/prog/pic/story.php?page=53
Persefone, Demetra e il
frutto proibito di Mary Falco |
"Amor mio, andresti
a raccogliere un po' di zafferano per la mamma?”. Questa situazione
ricorda un po' Cappuccetto Rosso ed effettivamente il lupo è
dietro l'angolo, anche se invece di mangiarla in un sol boccone la fa
precipitare sotto terra. Kore (ragazza, fanciulla) era il nome di Persefone,
la figlia di Demetra Rapita? Persefone (rifiuta di chiamarla Kore) è stata consenziente fin dal primo momento. Anzi è un'amante passionale! Ha ucciso con le sue mani la povera piccola Menta, l'amante precedente [di Ade], per pura gelosia. Quale pudica vergine si comporterebbe così? Zeus accetta d'ascoltare la versione di Persefone, ma le pone una domanda insidiosa: non chiede se le è stata fatta violenza ma, solo, se durante la sua permanenza ha mangiato qualcosa. Curiosa questione, visto che il rapimento risale ad un anno prima! Demetra protesta. Zeus insiste: se la fanciulla è a posto non ha nulla da temere! La povera Kore, avvilita ed imbarazzata, confessa che un giorno, tormentata dalla sete, ha ceduto alla tentazione di accettare, tra mille prelibatezze della tavola imbandita, un chicco di melograno. Zeus non sente ragioni: il matrimonio è considerato valido e d'ora in poi la sposa sarà costretta a passare un terzo di ogni anno col marito, in inverno, ed i due restanti terzi con la madre, risalendo alla luce in primavera. Demetra accetta e la pianura rifiorisce. |
Non ci
sono parole per dire quanto la vicenda contrasti con la mentalità contemporanea
ma non fa nessuna meraviglia che i Misteri d'Eleusi prendessero le mosse da
questo rapimento trasformato in matrimonio dal diritto e non certo dall'amore.
Il loro inizio si perde nella notte dei tempi. Se ne trovano tracce nei documenti
del VII secolo a.C., ma si hanno varie testimonianze della loro esistenza
in epoca micenea (secoli XVI-XIII). Il
culto è chiaramente di origine pre-ellenica e rimanda alle Dee Madri,
presenti in tutto il Mediterraneo da tempi immemorabili.
Tutta la civiltà cretese-egea venera la Potnia, ovvero signora, patrona,
potente, la terra, la Grande Madre, che dà la vita e sperimenta la
morte per poi tornare in vita; depositaria delle forze della natura e del
ciclo vitale, sempre raffigurata con una torcia alta nella sua mano, il fiore
ancora chiuso, simbolo della virtù generante, e la melagrana matura,
simbolo di fecondità e sessualità.
C'è un naturalismo di base, in cui le divinità sono ctonie,
cioé connesse con la terra, la vegetazione, il suolo.
Una breve riflessione sulle piante che entrano in gioco ci può aiutare
a vedere dietro al mito: il risultato dell'azione è senza dubbio il
frumento.
La coltivazione dei cereali, iniziata nell'autunno piovoso nella speranza
della primavera, introduce tuttavia in questo generico culto della fecondità
un elemento nuovo. Non si chiede più semplicemente alla terra di dare
frutti, ma di privilegiare una coltura rispetto a tutte le altre, legittimando
il lavoro dell'uomo. Dissodare, seminare, irrigare, mietere, trebbiare e conservare
il grano fino alla stagione successiva è un lavoro a tempo pieno, che
àncora l'intero gruppo alla terra; niente a che vedere con l'attività
di raccolta esercitata dai cacciatori o con la coltivazione stagionale di
un giardino.
L'introduzione del pane di frumento dà una svolta definitiva alla qualità
della vita: il contenuto di glucidi, lipidi e sostanze minerali quali potassio,
fosforo e calcio, nonché il famoso glutine ne fanno l'alimento per
eccellenza, anche rispetto agli altri cereali.
La differenza fisica tra gli agricoltori stabili e le popolazioni aborigene
che vivevano di caccia ha fatto nascere nel Nord Europa le innumerevole leggende
del "piccolo popolo" fino a creare l'immagine della fatina o del
folletto che abitano tra i fiori.
Una netta barriera fisica e poi sociale divide gli agricoltori stabili dagli
altri.
Il rapporto con la terra si fa attivo e faticoso. Ad una più o meno
lieta accettazione della realtà si sostituisce un intervento netto
che sostituisce boschi ed acquitrini in campi coltivati e poi difende con
braccio armato il territorio così trasformato da chiunque voglia goderne.
Ecco dunque la necessità di messaggi di vita e di speranza oltre alla
morte fisica, che in tutta la civiltà umana coincidono con la coltivazione
stabile dei grandi cereali e l'inumazione dei morti.
La religione s'articola in tempi e modi diversi da un paese all'altro, ma
il rito ripete sempre comunque annualmente ciò che è avvenuto
una volta sola: è proprio il caso della vicenda di Persefone, ma anche
di Osiride, Tammuz, Attis, Adonis, Dumuzi e Baldher tutti dei caratterizzati
non da una definitiva resurrezione, ma dalla capacità "di tornare",
come "paredri" ovvero partners, da una dea "stabile":
Demetra, Iside, Isthar, Cibele, Afrodite, Inanna.
Se nascita e morte interessano anche le popolazioni nomadi e guerriere, questo
accento sulla terra madre come unico elemento di stabilità, nonché
la convinzione che vada coltivata col sudore della fronte, è caratteristico
dei popoli sedentari.
Alle origini di tutto sta una raccolta di zafferano, a quel tempo erba officinale,
anche se oggi l'uso in cucina e soprattutto le frequenti adulterazioni ne
hanno fatto dimenticare l'uso depurativo. Gli erboristi esperti assicurano
che è un toccasana per il fegato… ma raccomandano di coltivarlo
in terrazza per essere sicuri della provenienza. D'altronde raccoglierlo nei
prati era evidentemente una pratica pericolosa anche nell'antichità!
Quanto al narciso
rappresenta uno dei pochi casi in cui mito e scienza s'incontrano perfettamente,
dato che è un narcotico pericoloso, ben rappresentato dal fanciullo
bellissimo che muore affogato mirando la propria immagine. Anche i più digiuni di psicoanalisi sanno poi che cosa sia il narcisismo… e quindi indirettamente anche quanto in bilico si metta una brava ragazza che invece di raccogliere zafferano per la mamma si lasci distrarre da un fiore del genere! E poi la menta, erba officinale ampiamente usata dalla farmacopea classica per le sue proprietà depurative e digestive, che qui viene personificata nell'infelice ninfa uccisa per gelosia. |
Ma l'irreparabile
è compiuto dal frutto del melograno (cibo proibito anche secondo
i cristiani, infatti secondo la più antica tradizione orientale
la mela offerta da Eva era una melagrana), straordinariamente simile
alla capsula dell'oppio. Secondo alcuni studi la melagrana avrebbe sostituito
il "vero frutto proibito", le cui caratteristiche psicotrope
sono in grado di aprire sì, le porte tra i vari mondi... ma anche
restando al melograno vero e proprio, senza parallelismi che possono
essere devianti, va rilevato il fatto che nonostante le indubbie proprietà
disinfettanti (è forse il più efficace vermifugo che esista
in natura) toniche ed antiemorragiche, viene attualmente usato con molta
prudenza proprio perché leggermente allucinogeno e, in grande
quantità, decisamente tossico. Naturalmente stiamo parlando dell'uso massiccio dell'essenza, ottenuta dai fiori e dalla corteccia, non certo del tranquillo uso di sciroppo di semi. |
Tuttavia
Maometto, trecento anni dopo la distruzione dei templi pagani, raccomandava
di consumare succo di melograno per cancellare l'invidia, facendo intuire
una tenace tradizione legata all'uso del melograno come pianta sacra…
e dal sacro al demoniaco [in occidente, ndr] il passo è breve.
Ma c'è un'altra vicenda in cui Persefone compare come dea degli inferi
ed è la morte del bellissimo Adone, figlio di Mirra (un'altra piantina
aromatica personificata da una fanciulla uccisa nel fiore degli anni) amato
dalla bella Venere.
Ancora una volta Zeus interviene con la sua salomonica saggezza e non potendo
dividere materialmente Adone in due lo costringe a passare sei mesi con l'una
e sei mesi con l'altra, questa volta senza neppure chiedere il parere dell'interessato,
che è un mortale e non figlio di una dea, come Persefone.
Va rilevato che la rosa sacra ad Afrodite ed il melograno hanno le stesse
proprietà antiemorragiche, ma la rosa non ne condivide le controindicazioni.
Ecco ancora una volta sottolineato l'aspetto del frutto fatale, che porta
alla morte.
S'è visto che il più antico culto della madre terra la rappresentasse
col melograno e non già con le spighe.
Alle origini il rapporto madre figlia prevedeva un diverso equilibrio: il
melograno è il frutto antico, uno dei primi coltivati, il grano più
recente, per non parlare della menta, erba dei prati che può essere
schiacciata sotto ai piedi.
Vicenda di vita e morte in cui la fecondità stessa si ritrova attraverso
il sacrificio e la sofferenza.
Afrodite, che vive un'esistenza più "emancipata" rispetto
alle dee della terra, rappresenta dunque un'evoluzione del culto originario
e Mirra è una vera e propria anticipazione del sacrificio salvifico.
In Grecia Demetra è la Madre Terra e Persefone il soffio vitale presente
nel grano: la speranza di fecondità e rinascita non è connesso
alla sola esistenza della Dea Madre, ma al suo riunirsi alla figlia, creduta
violentata e perduta.
La spiga di grano rappresenta dunque il ciclo di vita: concepimento, crescita,
morte e nuova vita, che si consuma nel lavoro e nel dolore. E per associazione
anche i morti potevano tornare nel grembo della Madre Terra con la speranza
di risorgere, ma solo se sepolti bene ed accompagnati dalle preghiere dei
vivi. Spighe d'oro venivano seppellite con loro, mentre al contrario bamboline
di frumento, custodite e venerate, ricordavano per tutto l'inverno la speranza
della rinascita primaverile dei campi.
Entrambe le simbologie sono penetrate profondamente anche nel cristianesimo:
le spighe sono tra i primi simboli sacri della pittura proto cristiana, mentre
le chiese greco ortodosse ammettono nei loro porticati le bamboline di frumento,
che sono comunque considerate in tutt'Europa innocenti porta fortuna.
In Messico si è escogitato addirittura un crocifisso di paglia, con
tanto d'aureola e di corona di spine!
Possiamo dunque dire che Demetra anticipa, con la sua disperata ricerca della
figlia rapita, il concetto di passione, tanto necessario al lavoro dei campi
quanto sconosciuto all'antica dea.
Certo deriva dalla divinità selvatica e misteriosa il segreto delle
trasformazioni, come la terra conosce la metamorfosi delle forme, la pausa
e il risveglio, il nascere, morire e rinascere.
Questa realtà socio-politica ha trasformato l'antica Dea Madre, indiscussa
regina dai numerosi amanti, in una divinità secondaria e modesta, che
vive ai margini dell'Olimpo ed è sposa del dio del mare, ma non può
vivere con lui.
Anche in Scandinavia Njordhr il dio del mare è padre del più
famoso Freyr, divinità del grano e dell'abbondanza.
La madre è talmente lontana e negletta che non se ne ricorda nemmeno
il nome.
La tragedia della morte-rinascita in questo caso è solo differita:
la sorella di Freyr, Freia sarà appunto la disperata madre di Baldher,
l'unico che muore per non risorgere più..
In ogni caso senza morte e lacrime pare proprio impossibile coltivare grano!
Non si sa con certezza come e quando questa sofferenza si concretizzi in un
rito misterico.
Si potrebbe ipotizzare che i culti di fecondità diventino mistici a
partire dal momento in cui si aggiunge l'elemento dell'iniziazione individuale,
coltivando la speranza di una beatitudine dopo la morte.
Il "fedele" che partecipava alle vicende degli Dei e diventa familiare
con essi, può godere di tutti quegli effetti benefici che scaturivano
dalla risoluzione positiva della vicenda del dio.
Paradossalmente se oggi possiamo ricostruire i misteri è proprio per
quello che ne dissero i cristiani per denigrarli, dato che i fedeli, al contrario,
avevano l'obbligo del segreto.
FONTE
Tratto e liberamente condensato da “Persefone,
Demetra e il frutto proibito” di Mary Falco
http://www.acam.it/persefone.htm
IMMAGINI
Il ratto di Proserpina di Gianlorenzo
Bernini, XVII sec., http://www.arkeomania.com/favoladicerere.html
Echo and Narcissus di John William Waterhouse, 1903, http://www.users.globalnet.co.uk/~loxias/echo.htm
http://www.secondharvest.ca/UserFiles/Image/pomegranate.jpg