di Sunita


Il valore e il modo di vivere il ciclo mestruale sono variati notevolmente nei millenni.
L’argomento merita senz’atro una considerazione approfondita che, partendo dal passato, possa mettere in luce i significati antropologici e le dinamiche sociali legate a questo aspetto della vita.

Partiamo dal passato dunque.
Sembra ormai diffusa l’ipotesi che fino a 5 mila anni fa, prima dell’avvento del patriarcato, esistessero in tutto il mondo delle civiltà in cui erano le donne a trovarsi al centro della società e della cultura. Recenti ricerche archeologiche e nuove interpretazioni sui ritrovamenti, condotte soprattutto da studiose, hanno evidenziato come il ciclo mestruale e il corpo femminile fossero centrali nell’approccio alla vita, tanto da venire considerati sacri e come il sangue mestruale stesso ritenuto generatore e rigeneratore di vita.

Secondo questa visione, proprio dal mestruo, sangue versato naturalmente e non dovuto a malattia o a ferita, caratteristica esclusivamente femminile, la civiltà prese avvio.
Dalla ciclicità del mestruo femminile infatti affiorò la coscienza dello scorrere del tempo: di mese in mese le mestruazioni ricomparivano, accompagnate dalle fasi lunari, collegamento che fu chiaramente stabilito fin dalle epoche più remote.

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Il primo calendario era quindi lunare anziché solare; ne deriva che un anno era composto da tredici mesi invece dei nostri dodici, così come le donne avevano tredici cicli mestruali all’anno.
A testimonianza di questa concezione del tempo, i più antichi calendari ritrovati sono oggetti a forma di bastone con 13 tacche che rappresentavano i mesi lunari di 28 giorni. Inoltre era chiaro anche il legame che la Luna ha con le gravidanze e i parti, con la semina e la crescita delle piante, con la vita animale e con le maree.

La stretta associazione delle donne con i cicli della natura era evidente ed era oggetto di venerazione.

Per i popoli dell’Età della Pietra il mistero della nascita dei bambini era attribuito tutto alla donna, al pari delle mestruazioni, ignorando completamente il contributo degli uomini alla nascita. Si riteneva dunque che le donne fossero dotate di poteri, che permettevano loro di far nascere i bambini.
La nascita dal corpo della donna della concezione dello scorrere del tempo trova riscontro anche dal punto di vista linguistico: nel termine latino mens e in quello greco men, menos che significano luna, mese e misura. Da questi termini derivano la parola italiana mente, mind in inglese, Metis, dea greca dell’intelligenza (anche da Maat, dea egiziana della saggezza).

Dal termine greco metra, che significa utero, deriva la parola metro, a indicare l’unità di misura (in origine temporale), identificata con il mese lunare corrispondente appunto al ciclo mestruale. Dallo stesso termine deriva la parola madre, assieme a tutte traduzioni assonanti nelle altre lingue (mother, mutter, mère, mãe…).
Troviamo conferme etimologiche anche per quanto riguarda la nascita del senso del sacro dal corpo femminile, capace di creare vita e di essere in collegamento con l'energia cosmica.
La stessa radice me o ma si ritrova nella parola polinesiana mana, che indica la forza non corporea immanente all’universo, o in quella latina Mani, che indicava presso i Romani gli spiriti dei defunti, o ancora in Manito, il grande spirito dei Nativi Americani.

Le donne erano in contatto con queste energie sacre e ad esse si allineavano in vari modi: secondo il ciclo della Luna Nera, mestruando durante il Novilunio, o secondo il ciclo della Luna Rossa, mestruando in Luna crescente e ovulando in Novilunio, o ancora seguendo la Sorellanza Ovarica, sincronizzandosi alle altre donne del gruppo. Durante le mestruazioni il contatto con l’energia cosmica era ancora più profondo e la sensibilità femminile si acuiva a tal punto da renderle capaci di profezie. Originariamente il significato della parola tabù era sacro e le donne nel periodo mestruale erano considerate tali. I loro sogni e le loro visioni era usati per guidare la tribù, e nelle culture indigene l’intera tribù festeggiava le giovani donne con riti di passaggio. Il sangue sacro era celebrato con riti religiosi che sopravvissero anche in epoca patriarcale, come ad esempio i Misteri Eleusini della Grecia classica, il cui nome greco mhysterios contiene il termine hysterion che significa utero.

Le celebrazioni di tutti i momenti salienti della vita femminile avevano grande importanza: il menarca, la gravidanza, il parto, la menopausa erano sottolineati da riti. Durante questi riti spesso un gruppo di donne inscenava racconti mitici il cui preciso intento e significato restano misterioso.

Le aborigene Priljari Tjara dei deserto occidentale dell'Australia eseguono una rappresentazione rituale in sette episodi, le cui prime due scene descrivono la scoperta del cibo, dell'acqua e di un rifugio. Il terzo episodio riguarda la prima mestruazione dell'iniziata, che riceve consigli sul sesso dalla sorella maggiore. Negli ultimi quattro episodi l'adolescente, riconosciuta l'attrazione sessuale, va alla ricerca di un uomo e infine lo sceglie; questi è interpretato da una donna in menopausa.

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Una variante del rituale prevede che una delle giovani venga ritualmente rapita e stuprata, dopo di che le donne catturano e, sempre ritualmente, mutilano il violentatore. In entrambe le versioni il finale del rito, che è fonte di gran divertimento per tutti coloro che vi partecipano, prevede canti e danze celebrative.

Queste civiltà erano matrilineari, in quanto la discendenza era di madre in figlia, e matrilocali, poiché le donne rimanevano negli stessi luoghi ed erano i maschi ad andare a vivere con loro.
Bambine e bambini erano allevati comunitariamente nel clan materno ed era impensabile che un maschio avesse su di loro potere.
Matrilinearità e matrilocazione sono termini diversi da matriarcato, che sottintende una dominazione delle donne sugli uomini (come accade al contrario con il patriarcato): in queste società l'elemento femminile era investito naturalmente di autorità e considerazione senza bisogno di predominio coercitivo, proprio perché la visione della vita, i culti e i simboli erano femminili.
Infatti alle donne era affidato il ruolo più importante nell'approvvigionamento del cibo per la loro conoscenza delle piante, nell'organizzazione ordinata della società e della vita quotidiana, nonché nella spiritualità e nel culto.
Da tali premesse si sviluppò il modello ciclico di vita-morte-rinascita, che troviamo diffuso dappertutto già nella remotissima era paleolitica, quando le caverne - sacre perché ritenute uteri della terra - venivano intonacate con ocra rossa e i morti vi venivano sepolti dipinti di rosso e in posizione fetale per propiziarne la rinascita.

Nel tempo furono adottati alcuni animali a simboleggiare l'energia di vita che pervade il cosmo: tra questi importante era la femmina del cinghiale, sentita come il vaso-utero da cui era nato il mondo.

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L’etimologia ci serve di nuovo come conferma: hys in greco significa maiale, hysteron, come già detto, indica l’utero. Dal punto di vista rappresentativo dorso curvo della femmina di cinghiale era visto come la volta del cielo e la sua pancia come la "coppa inferiore" che gli astri percorrevano quando non erano visibili dalla Terra, che si trovava nel mezzo.

Il cinghiale femmina li ingoiava con la bocca e li partoriva da dietro, in un moto ciclico continuo. La coppa inferiore era vista anche come simbolo della Luna Nera, corrispondente al flusso mestruale.

Basandosi sulla ciclicità del periodo mestruale e delle fasi lunari, si credeva inoltre che gli esseri viventi alla morte percorressero anch’essi la coppa inferiore, o mondo invisibile, per rinascere.

Altri animali simbolici da cui il mondo aveva avuto vita erano un uccello (che aveva deposto l’uovo originario del mondo), e il serpente.

Per numerosi popoli primitivi esiste un legame associativo molto forte tra il serpente e il ciclo mestruale. Presso gli Indiani Chiriguanos, quando una ragazza ha le prime mestruazioni, le donne della tribù tentano di scacciare «il serpente che l’ha ferita» con dei bastoni, mentre le ragazze Basuto invece danzano intorno all’immagine del serpente (Theodor Reik, Pagan Rites in Judaism, New York 1964, pp.84).
Anche in Portogallo il ciclo mestruale è associato al serpente, e in Germania nel XVIII secolo si credeva che il pelo pubico di una donna durante il suo ciclo, se seppellito, sarebbe diventato un serpente.
Le tribù dell’Orinoco sostengono che i serpenti tentano di copulare con le donne durante il loro periodo e in India c’è un’antica credenza secondo cui le donne, durante questo periodo, sono possedute da uno spirito maligno sotto forma di serpente.
Infine l’opinione rabbinica generale sostiene che le mestruazioni siano la punizione che il Signore inflisse a Eva per aver accettato la mela dal serpente (Louis Ginzberg, Legends of the Jews, Philadelfia 1938, p. 89 e p. 106).
Reik sostiene che, essendo la forma del serpente simile a quella di un pene eretto, l’implicazione sia che la deflorazione prodotta da questo produca l’emorragia delle mestruazioni (T.Reik, op.cit.p.85).
Ma interpretare il serpente come simbolo fallico maschile sembra un forzatura: gli stessi rabbini nei loro commenti confermano questa tesi poiché, se le mestruazioni sono la punizione del peccato, di che peccato si tratta? Eva fu deflorata solo dopo la cacciata dal Paradiso Terrestre e partorì Caino. Quindi il peccato di cui si tratta non è un peccato eterosessuale, bensì un peccato antecedente la copulazione, ma pur sempre in un contesto genitale.
È molto più logico quindi associare il simbolo del serpente con la clitoride femminile che con il pene maschile, tramutandolo in simbolo sessuale femminile.
In questa ottica il peccato di Eva è identificato con la masturbazione, e per questo fu condannata alla deflorazione e al rapporto eterosessuale.

Riguardo l’associazione tra serpente e mestruazioni, vi è un racconto diffuso tra gli aborigeni dell’Australia, detto “racconto delle sorelle Wawilak e Yurlunggur”, che diventa il tessuto narrativo di alcuni riti d’importanza vitale per i clan aborigeni. Vi sono molte varianti tra i diversi gruppi aborigeni che modificano le azioni dei principali protagonisti, anche se, nel carattere sostanziale, il significato del racconto rimane intatto.
I riti agganciati a questo episodio possono variare nei nomi: in alcune regioni il racconto è conosciuto con il titolo “La vergogna del serpente arcobaleno” in altre aree “ La storia delle due sorelle”. Nel 1952 W.Lloyd Warner osservò alcuni riti dove il racconto trova una collocazione ben precisa il Djunggan, rito primario della circoncisione, il Kunapipi, il rito
della fecondità, e l’Ulmark un rito che appartiene agli iniziati più anziani.

Nella parte nord orientale della terra di Arnhem è diffusa la seguente versione:

Le sorelle Wawilak e Yurlunggur il serpente arcobaleno

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C’erano una volta all’estremo sud del paese dei Wawilak due sorelle che ebbero relazioni incestuose con uomini del loro stesso sangue. La sorella maggiore aveva avuto un maschio e la minore era incinta. Partirono da casa e si diressero al nord. Lungo il cammino la sorella minore diede alla luce un maschietto. Durante il cammino raccolsero molti tipi di cibi vegetali e uccisero molte specie animali. Cariche di cibi giunsero ad un pozzo e decisero di far sosta. Sul fondo del pozzo viveva il serpente arcobaleno Yurlunggur. La sorella maggiore accese un fuoco ed entrambe cominciarono a cuocere i vegetali e gli animali commestibili che avevano raccolto, ma tutti balzarono fuori dal fuoco, saltarono nella pozza e scomparvero. Esse erano le specie totemiche dei clan attuali.

La sorella maggiore andò a raccogliere alcuni pezzi di corteccia per costruire un giaciglio al nipotino, e nella sua ricerca guadò un tratto poco profondo della pozza dove giaceva il serpente. Aveva le mestruazioni e il sangue gocciolò nell’acqua e andò a fondo, fin dove giaceva Yurlunggur. Il serpente si mosse nel fondo del pozzo e sibilò.
All’orizzonte apparvero delle nubi e dopo poco iniziarono le prime gocce. Il livello dello stagno aumentò. Le due sorelle cantarono canzoni rituali e danzarono le danze sacre per impedire che lo stagno potesse straripare e permettere così al serpente di raggiungerle e ingoiarle. Le due sorelle e i bambini stanchi per il viaggio e le danze piombarono in un sonno profondo.
Ma Yurlunngur uscì dal pozzo, morse i loro nasi e li fece sanguinare, poi in un sol boccone li ingoiò. Il serpente arcobaleno sollevò la testa fino al cielo, e le acque del pozzo s’innalzarono con lui.
Altri serpenti quando sentirono Yurlunnggur si alzarono. Erano tutti diversi tra loro. Ancora ritti sulle loro code, i serpenti si chiesero l’un l’altro che cosa avessero mangiato l’ultima volta. Ciascuno di loro nominò alcune specie totemiche. Yurlunggur fu interrogato per ultimo e per vergogna, si rifiutò di rispondere. Ma alla fine gli altri riuscirono a farglielo dire. In quel momento iniziò a soffiare un grande vento e Yurlunggur cadde. La sua caduta creò il terreno per le danze in quella parte degli attuali terreni cerimoniali dove da allora sono celebrati i sacri riti del Djunggan. Quando si ritrovò a terra vomitò le sue quattro vittime sopra un grande formicaio e si trascinò sino alla pozza rimanendo con la testa sulla superficie dell’acqua. Il vento soffiava forte e incanalandosi dentro alcuni tronchi cavi produceva dei suoni profondi; uno di questi tronchi, si alzò emettendo alcune note basse sopra i corpi delle due donne e dei bambini. Poco dopo le formiche uscirono dal sottosuolo e morsero i piedi dei bambini e delle donne che in pochi istanti si rianimarono. Yurlunggur uscì ancora una volta dal pozzo e colpì le teste delle sue quattro vittime fino a farle sanguinare. Poi ingoiò tutti di nuovo. Il serpente arcobaleno cadde un’altra volta, e nel cadere creò la parte dei terreni di danza dove si tengono le cerimonie sacre, quelle di Ulmark e di Kunapipi. Poi scivolò di nuovo nel suo stagno e attraverso canali sotterranei nuotò fino al paese dei Wawilak, dove tornò in superficie e sputò fuori le due sorelle. Esse si trasformarono in due enormi rocce, e ancor oggi è possibile vederle. Il serpente si tenne i bambini e tornò a nuoto nel suo paese, dove li lasciò andare.
Essi furono i capostipiti del popolo degli Yiritia. Mentre al nord avveniva tutto ciò due uomini Wawilak udirono la voce del serpente. Si misero a seguire le orme delle due donne e alla fine giunsero dove Yurlunggur le aveva colpite al capo e trovarono il sangue lasciato dalle donne. Lo raccolsero in due ceste di corteccia, fecero un didjeridu con il palo principale della capanna delle sorelle, e si addormentarono. Durante la notte, gli spiriti delle sorelle li visitarono in sogno e insegnarono loro tutte le canzoni sacre e tutti i rituali, e poi se ne andarono. Alla mattina gli uomini si svegliarono e cantarono e danzarono tutte le canzoni e riti dell’intero ciclo, così come sono sempre stati eseguiti da allora.

 

Con l'andare dell'evoluzione di queste civiltà, gli animali simbolici da cui il mondo aveva avuto vita si personalizzarono in una Dea, che venne spesso rappresentata seduta, con le gambe aperte e piegate, con in mostra la vulva da cui scorreva il sangue mestruale considerato sacro.
Quando il pantheon iniziò a formarsi, apparvero delle divinità specifiche collegate al ciclo mestruale. Nel mondo greco si trova la dea greca Mene, in latino Mena, figlia di Zeus e preposta alle mestruazioni.


la donna che si rinnova

Tra gli Apache e i Navajo, si conosce Estsanatlehi, la "Donna che si Rinnova", che muta d'abito quattro volte l'anno, quando attraversa le quattro porte della sua dimora celeste per creare le stagioni. La Donna che si Rinnova rappresenta tutte le fasi dell'esistenza femminile, ma in particolare il momento in cui una ragazza diventa donna: una transizione che è considerata apportatrice di bene per l'intero clan ed è perciò caratterizzata da festeggiamenti e riti.
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Fu dalla Donna che si Rinnova che gli esseri umani ricevettero la conoscenza e la saggezza, i cicli lunari e mestruali, i canti, le celebrazioni e il desiderio di ricerca. Essa insegnò inoltre ai Navajo come costruire le capanne dal tetto arrotondato chiamate hogan. Il massimo tributo che le viene reso è il rito che contrassegna l'arrivo del mestruo (in apache, na ih es). Si racconta che questo rito fu insegnato direttamente dalla stessa Estsanatlehi, sotto forma delle precise istruzioni tuttora seguite. La festa inizia all'arrivo del menarca e dura quattro giorni, durante i quali lo sciamano (o la sciamana) intona preghiere invocando la Donna che si Rinnova affinché infonda la sua essenza nella ragazza, affinché si trasformi in una donna feconda e generosa e sia onorata e venerata dalla sua gente. In risposta, lo spirito della Donna che si Rinnova "viaggia sui canti" dello sciamano e va ad abitare nell'adolescente, che diventa l'incarnazione della dea per i quattro giorni sacri. Durante l’intero rito, la ragazza riceve l'esclusiva attenzione di una donna più anziana che la vezzeggia, la massaggia e la consiglia. Una delle finalità del rito è di caricare di energia magica un amuleto di cui l'iniziata possa servirsi quando a sua volta perderà i poteri legati alla procreazione. Il primo e l'ultimo giorno l'iniziata cammina in senso orario, accompagnata dagli acuti lamenti delle donne, intorno a un cesto contenente polline, piume, pittura e cereali, considerati elementi sacri dei riti.
In diversi momenti vi sono festeggiamenti, racconti e danze, aperte da ballerine danzatrici
chiamate gahe. Nel corso della cerimonia l'iniziata rappresenta il congiungimento della Donna che si Rinnova con il Sole. Quando il rito si conclude, è diventata una donna e contemporaneamente un simbolo di pace e prosperità per il suo Popolo.


Il collegamento tra divinità e mestruo si ritrova anche nella Grecia classica dove la sacerdotessa dell'oracolo di Delfi dava i responsi durante i giorni del flusso mestruale.


Il patriarcato

Con l'avvento del patriarcato molti dei simboli sacri vennero stravolti e demonizzati: il cinghiale femmina, che prima si considerava dotata di carica vitale, di forza indomabile e selvaggia, di sessualità indipendente, divenne un misero maiale domestico. Anche gli altri animali, un tempo simboli sacri, sono stati sconvolti: già abbiamo ricordato il serpente della Bibbia, personificazione stessa del demonio (demonio al quale sono stati assegnati alcuni attributi della Dea).

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Mentre la donna mestruata, capace di dare oracoli, è diventata una malefica strega, da eliminare anche fisicamente nei secoli più tragici della storia femminile.
In questa prospettiva, il sangue mestruale non era più simbolo vitale: mentre nella caccia e nel sacrificio la perdita di sangue prelude a un riscatto e a una rigenerazione, il sangue mestruale è visto come pura perdita di vita.

Si diffusero sempre più false credenze e superstizioni riguardo il ciclo mestruale e la donna mestruata. Nel V secolo a.C. Democrito, forse per primo, nel libro Delle Antipatie affermò la tossicità del sangue mestruale, leggenda che fu raccolta da Plinio e poi da medici arabi. Infatti nel 65 d.c. Plinio il Vecchio scriveva: “Nulla esiste di più rimarchevole del flusso mensile della donna. Il contatto con esso trasforma il vino in aceto, i campi che ne vengono sfiorati diventano sterili, i semi nei giardini seccano, i frutti cadono dall’albero […] persino il bronzo ed il ferro vengono assaliti dalla ruggine e un odore tremendo satura l’aria”.

La demistificazione arrivò a tal punto che persino nei testi religiosi il ciclo mestruale è associato alla vergogna e alla degradazione trasmesse dal contatto con la natura femminile, oscura e incontrollabile, e pertanto le donne mestruate sono considerate impure.
Fin dai tempi di Nicea, la Constitutio de purificatione a sanguine menstruo vietava alle donne mestruate non solo l'accesso ai sacramenti, ma persino l'ingresso in chiesa.
Sant'Alfonso de' Liguori nel 1700 consigliava ancora alle donne di astenersi durante quei giorni dall'accostarsi alla comunione.
Anche in ambienti illuminati, sono le donne stesse ad aver perso di vista il significato reale del proprio ciclo. Questo è ben visibile nella teoria delle mestruazioni di Trotula De Ruggiero, una matrona vissuta intorno al 1050 e frequentatrice della Scuola Medica Salernitana, primo centro di cultura non controllato dalla Chiesa. Secondo l’illustre studiosa la donna, per la sua fragilità, non è in grado di sostenere intensi sforzi fisici e quindi di sudare in maniera adeguata per eliminare gli umori superflui e nocivi, come fa l'uomo; pertanto a questo scopo la natura ha studiato per lei l'escamotage del periodico flusso liberatore.

Persistono gli antichi retaggi e le credenze secondo cui “il sangue che le donne mestruate espellono è impuro perché passando dalla notte uterina al giorno rovescia la sua polarità e passa dal sacro destro al sacro sinistro. Le donne in questa condizione sono intoccabili e in numerose società segrete devono compiere un rito di purificazione prima di reintegrarsi nella società da cui sono state momentaneamente escluse” (Chevalier, Gheerbrant; 69). In Vegetti Finzi, Battistin si legge: “In alcune civiltà primitive la donna era considerata tabù, e quindi inavvicinabile durante le mestruazioni: non solo il suo contatto, ma addirittura il suo sguardo potevano far perdere all’uomo la virilità e distruggere i vegetali che germinavano […] Anche al di fuori della sessualità si tendeva ad attribuire alla donna nel periodo mestruale un misterioso potere malefico simile a quello delle streghe”.

Ancora oggi in Africa la donna che avesse inavvertitamente le mestruazioni mentre è ai campi o mentre lava la sua biancheria al ruscello offende la Terra. Il tabù più grande della Terra è infatti l’effusione di sangue. Per riparare l’offesa si deve deporre un uovo ai piedi dell'albero più vicino al luogo profanato. Se non lo facesse la colpa comprometterebbe i futuri raccolti, anche se nessuno ne fosse a conoscenza. Inoltre alla donna è severamente proibito andare nei campi e ad attingere acqua nei giorni di impurità.


Sangue e magia

Quando il sangue femminile viene demonizzato come qualcosa che rende impuri, dall’altra parte vi è una reminiscenza del suo potere intrinseco. In campo magico, ad esempio esso è ricordato tra gli ingredienti di filtri amorosi che recuperano la reminiscenza della più antica forma di magia, quella della possibilità dell'unione delle anime mediante l'assunzione, o il contatto, di elementi corporei: la fattucchiera, facendo ingurgitare il suo sangue all'amante neghittoso, ne conquista l'attenzione.

Altro incantesimo che usa il sangue mestruale è diffuso in Sicilia e in tutta l'Italia meridionale: poche gocce del sangue mestruale di una fanciulla, mischiate con sangue tratto dal suo pollice, legheranno a lei per l'eternità quel giovanotto cui venissero propinate nel caffè caldo.
L’incantesimo lega entrambi in un legame indissolubile.
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Altro rito mestruale - in campo cristiano però - è un metodo per curare i dolori dovuti alle mestruazioni: si deve scrivere su un foglietto "per Lui, con Lui e in Lui" e mettere tale foglietto nei capelli della donna.

Gli Ainu del Giappone riconoscono al sangue mestruale un grandissimo potere, e lo considerano un vero e proprio talismano.

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Nella vallata di Kathmandu, in Nepal, un’antica tradizione ancora in voga, vuole che nel corpo di alcune bambine prescelte si incarni lo spirito di una potente e passionale divinità, Taleju. Queste ragazzine, selezionate all’età di due o tre anni, vengono chiamate Kumari, parola che in nepalese significa vergine.

Come dee viventi sono adorate da milioni di devoti sia buddisti sia induisti fino alla prima consistente perdita di sangue dovuta a mestruazioni o a cause accidentali. Con la perdita del sangue, considerato veicolo sacro di potere, la tradizione vuole che il loro potere svanisca e abbandonino la natura divina per tornare a quella umana.


Superstizioni

Antiche credenze popolari attribuiscono alla donna mestruata effetti magici negativi che non hanno alcun fondamento, come ad esempio far appassire piante e fiori o fare "impazzire" la maionese.

Altrettanto false sono alcune credenze per le quali la donna mestruata non possa lavarsi i capelli, fare il bagno o il bidet.
Queste derivano dalla credenza diffusa nel Settecento secondo la quale il lungo contatto con l'acqua ostruisce i pori, impedisce la traspirazione e rende il sangue denso, provocando come conseguenza l'amenorrea, cioè la mancanza di mestruazioni. In questo modo si spiegavano i disturbi delle lavandaie e delle contadine che lavoravano nella macerazione della canapa e del lino. A tutte le donne quindi, per molto tempo, è stato consigliato di non fare pediluvi e di non lavarsi durante le mestruazioni.

Nella tradizione marinara di quasi tutto il mondo vi è la superstizione che le donne a bordo portino sfortuna. Le origini di questo comportamento sono da collegare al fatto che se una donna ha le proprie mestruazioni a bordo, c'é il pericolo che il sangue possa macchiare la barca dell’uomo (vista come entità, più che come oggetto inanimato); ecco quindi affiorare il tabù delle mestruazioni comune a quasi tutti i popoli del mondo, non solo di mare.
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Le donne vengono portate in mare solo per scacciare il male. In particolare la figura della vergine, con i suoi forti significati sacrali, ricorre spesso nella cultura popolare di molte popolazioni.
Ancor oggi in alcuni paesi della costa della Magna Grecia le donne placano la furia delle trombe marine mostrando al mare il proprio sesso. Il mito racconta che Poseidone, in un accesso d'ira, scatenò una violenta tempesta, minacciando la distruzione di una città calabra; le donne raggiunsero il mare e, schieratesi lungo la spiaggia, mostrarono il sesso alle acque, terrorizzando le tremende onde, figlie dell'iracondo dio del mare.
Questa singolare ritualità è peraltro testimoniata dal ritrovamento di una statuetta in bronzo del V secolo, conservata al museo di Gela, che rappresenta una donna nell'atto di mostrare il sesso. Questo spiega inoltre il perché le polene sono quasi sempre figure femminili.


Atteggiamento attuale

Il tabù associato al ciclo mestruale si è purtroppo trasmesso fino ai giorni nostri. Diverse generazioni di donne sono cresciute nella convinzioni di essere più vulnerabili durante il periodo mestruale, di non poter nuotare, bagnarsi o lavare i capelli in quei giorni.
Le mestruazioni sono considerate una fonte di indebolimento per cui una donna non dovrebbe compiere sforzi e dovrebbe stare attenta che durante il periodo mestruale non “penetri” nel suo corpo un’infezione, soprattutto attraverso i genitali.
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Nei confronti del ciclo mestruale è stato ormai interiorizzato un atteggiamento negativo, che sembra non essere circoscritto affatto alle classi sociali più basse o a particolari gruppi etnici.
Anche nel linguaggio sono spesso usate espressioni che anche se pronunciate con tono scherzoso, sono una manifestazione di disprezzo.


Dal punto di vista scientifico qualcosa per cambiare atteggiamento nei confronti delle mestruazioni è stato fatto dalla una biologa evoluzionista e scienziata indipendente, Margie Profet, dell'Università di Washington.
Partendo dalla domanda sull’origine e il significato del ciclo mestruale, la Profet ha elaborato una teoria secondo cui le mestruazioni sono un meccanismo di difesa contro i patogeni che potrebbero introdursi insieme allo sperma. La studiosa sostiene che l'utero è estremamente vulnerabile a batteri e virus che possono introdursi nell'organismo con lo sperma. Le mestruazioni sono dunque un mezzo efficace per prevenire infezioni che potrebbero portare alla sterilità, alla malattia e perfino alla morte.
Con il mestruo, afferma la Profet, il corpo attacca in due modi diversi i potenziali intrusi: si spoglia del rivestimento dell'utero, dove gli agenti patogeni trovano un comodo rifugio,e irrora l'area di sangue, che porta gli anticorpi necessari a distruggere i microbi.
Ma a ben vedere questa teoria è abbastanza simile a quella formulata da Trotula De Ruggiero quasi 1000 anni fa, e di certo, cercando una spiegazione prettamente scientifica, non recupera le valenze culturali e religiose anticamente attribuite al ciclo mestruale.


Un primo semplice passo per sostituire i pregiudizi ereditati è diffondere un’informazione corretta.
La maggior parte delle ragazze riceve a proposito delle mestruazioni un insegnamento sterile, freddamente clinico e privo di rispetto per il corpo femminile e la sessualità. Raramente viene affrontato l’argomento del legame tra ciclo mestruale, corpo, sessualità, ciclicità della natura.
Le mestruazioni sono vissute dalle donne come una vergogna, qualcosa da nascondere, da non nominare se non con delle perifrasi, qualcosa di sporco o comunque come una seccatura di cui si farebbe volentieri a meno.
In una ricerca compiuta nel 1980 tra studenti dei college negli Stati Uniti, sono emersi alcuni pareri di tipo più comune sulle mestruazioni. Tra questi, che le mestruazioni sono un fatto naturale ma seccante, che non debilita ma che però dovrebbe essere tenuto segreto: la donna dovrebbe comportarsi in modo normale e fare in modo che le mestruazioni non modifichino la sua vita.

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La nostra società, invece di celebrare la natura ciclica come un aspetto positivo dell’essere donna, insegna a ignorare del tutto il mestruo in modo da non trascurare i bisogni del marito, dei figli e del lavoro.
In questa negazione dell'essenza stessa del femminile trovano origine molti disturbi ginecologici assai diffusi, come la sindrome premestruale. Spesso le donne considerano la fase premestruale come una seccatura quando non una malattia o una maledizione, piuttosto che un momento di riflessione e di rinnovamento.
Infatti, invece, in questo periodo l’attenzione delle donne si volge naturalmente verso l’interno e si stabilisce un contatto più stretto con la loro interiorità personale e con l'essenza del mondo, incluso il dolore e la sofferenza.

Al mestruo si accompagna anche una grande creatività che permette alle donne di formulare le loro idee più brillanti proprio in questo periodo, anche se rimandando però le realizzazioni ad altre fasi più produttive.

Si avverte anche l’esigenza di dedicare tempo al riposo e a se stesse, ma spesso queste esigenze non vengono ascoltate dalle donne: la nostra società ama l’azione e disprezza il bisogno di riposo, mentre il ciclo mestruale invece è progettato per insegnarci a rispettare il processo vitale in ogni sua fase, di contrazione come di espansione.
Se le donne trascurano questo ritmo e le sue fasi di rigenerazione si creano le condizioni per la comparsa della sindrome premestruale.

In sostanza, dei tre aspetti che nella triplice Dea rappresentavano le tre fasi del ciclo mestruale (fase preovulatoria, postovulatoria e flusso), si accettano solo i primi due e si vorrebbe respingere, passare sotto silenzio e demonizzare la terza fase, il flusso detto fase della vecchia (o strega o sciamana) con il suo colore nero che rappresenta il flusso del sangue, la Luna Nera, il mondo invisibile.

La maggior parte dei casi di sindrome premestruale infatti scomparirebbe se le donne potessero allontanarsi dai loro doveri per tre o quattro giorni al mese e fossero sollevate da altri dal preparare i loro pasti e assolvere le loro incombenze.

Il potere creativo delle donne va al di là della procreazione e consiste nel cogliere attraverso l'esperienza del ciclo mestruale il senso della ciclicità ed imparare a fluire con essa. Lasciandosi trasportare con consapevolezza dalla guida della ciclicità mestruale, la donna arriva a quella fase detta menopausa, in cui ormai saggia ha imparato a essere in armonia e in sintonia con il pulsare dell’universo.
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© 2006 Sunita
Articolo pubblicato sul n° 17 di "Lex Aurea, libera rivista digitale di formazione esoterica" (www.fuocosacro.com) e pubblicato in settembre 2008 su Il Calderone Magico, per gentile concessione dell'autrice.

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SUNITA

Sunita, al secolo Ilaria Ruggeri, lungo il suo percorso a spirale è passata dagli studi classici, alla laurea in design per approdare alla psicologia e al counselling bioenergetico.
Segue il sentiero della Dea, cresce con suo marito, lavora, legge, disegna, crea e ha sempre tante idee e nuovi progetti da realizzare.

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