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INcontrare la sirena
di Sunita
 

Dove cercare la Sirena?

Nelle pagine dei libri, nelle parole delle storie, nei bassorilievi delle chiese o nelle miniature dei codici possiamo percepire un canto sommesso e continuo, che come una vecchia ninnananna o una filastrocca infantile ci riporta alla memoria sensazioni e immagini confuse.
Questo è ciò che accade quando cominciamo a sentire il canto della Sirena.
E se la curiosità ci porta a voler approfondire, è bene sapere che cercando nei libri, nell’arte o nella storia del mito recupereremo solo delle tracce, dei frammenti confusi di questo canto.
Se vogliamo sentire chiaramente la sua melodia e comprenderne il mistero, non è lì che riusciremo a trovarla. La Sirena infatti parla un linguaggio che non è quello della ragione, ma un linguaggio che comunica per immagini e visioni, in cui i significati possibili si sovrappongono senza escludersi. Cercare di interpretare e analizzare queste immagini è spesso fuorviante, poiché la Sirena è portatrice di una conoscenza iniziatica e a lei bisogna rivolgersi come a un oracolo.
Dobbiamo avere il coraggio di allentare il controllo e lasciarci legare dalla sua voce: la sua è una conoscenza che si trasmette grazie alla seduzione e non potremo mai farne vera esperienza finché non ci abbandoneremo al suo in-canto.
Se vogliamo incontrare la Sirena, allora dobbiamo sognarla. Solo immergendoci nel mondo onirico e surreale, nella dimensione del mito e della visione, possiamo sperare di imbatterci in lei.


Mostro o Dea?

La più antica fonte letteraria occidentale in cui emerge l’eco del canto della Sirena è l’Odissea, che ne parla al duale, sottintendendo quindi che si tratti di una coppia.
Omero non le descrive nell’aspetto, ma ci racconta del loro canto seduttivo e letale, che promette la conoscenza completa delle cose della Terra. Odisseo, avvertito da Circe del pericolo, è in bilico tra l’apertura alla conoscenza, dovuta alla sua curiosità, e l’impossibilità e il terrore di lasciarsi andare, pena la morte. Escogita allora lo stratagemma della cera nelle orecchie dei compagni e non si lascia legare dal canto delle Sirene, ma si affida ai nodi della ragione, del controllo e della prudenza che lo tengono strettamente legato all’albero della nave.
Questo però, secondo l’epica, sarebbe il secondo grande rifiuto delle Sirene. Il primo lo troviamo narrato da Apollonio Rodio ne Le Argonautiche (IV, vv. 89l-92l). Giasone e gli Argonauti si salvano grazie all’intervento sovrumano di Orfeo che, imbarcato con loro a questo scopo, oppone al dolce canto delle Sirene, una musica ancora più dolce.
Ed Orfeo non è l’unico, nella mitologia greca, a battere le Sirene. Si narra infatti che le Muse le abbiano sconfitte in una gara di canto.

In epoca classica quindi il canto delle Sirene, creature misteriose e spaventose, è portatore di morte e smarrimento. La loro conoscenza non è conciliabile con la vita: se se ne ascolta il canto, si muore; se non si ascolta, sono loro a suicidarsi. Bisogna diventare sordi alle loro voci, non bisogna cedere. Per loro resta solo la sconfitta e l’oblio, mentre saranno le Muse, figlie delle divinità elleniche, legate alla scienza, al logos, all’autorità, a essere venerate, invocate e ascoltate.

Ma cosa c’era prima dell’inizio di questo oblio? Da dove vengono le Sirene?
La loro origine è altrettanto misteriosa. Platone è l’unico a farle discendere da un incestuoso rapporto tra due divinità marine, Forco e Cheto. Nelle altre versioni la paternità è attribuita ad Acheloo, dio fluviale tra i più antichi in ambito greco, oppure a Urano. Concepimento e nascita avvengono secondo modalità diverse nei vari miti e contemplano solitamente la presenza di un liquido che varia dall’acqua del mare al sangue del padre.
Anche il numero e gli eventuali nomi sono mutevoli: la Sirena è una, due, tre, fino ad arrivare ad otto secondo la versione di Platone, che posiziona ogni Sirena in una delle otto sfere celesti.

L’ambivalenza che caratterizza la Sirena si ritrova anche nel nome che la identifica, la cui etimologia è aperta a varie interpretazioni: richiama i lacci e il legare con la corda (in greco seirà=catena, seirazein=legare con corda), ma anche ciò che brucia e prosciuga (seirazein=prosciugare, seirios=bruciante, da cui deriva il nome di Sirio, astro della canicola), può ricordare il canto (in ebraico sir=canto) o il fluido in movimento (radicale sanscrito sr).

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Tuttavia la sua natura mutevole si palesa soprattutto nell’aspetto. Le prime immagini della Sirena raffigurano un ibrido dal corpo di uccello e dalla testa di donna. In questa manifestazione è stretta parente della Sfinge che interroga Edipo, e discende direttamente dalla Dea Paleolitica rappresentata da una donna/uccello acquatico. Il passaggio dall’aria all’acqua originariamente non rappresentava un problema o una contraddizione, ma rientrava nel continuum di un unico archetipo che riuniva uccello, pesce e serpente. Solo con l’arrivo degli dei solari le acque di sopra furono nettamente separate da quelle di sotto. L’aria e le sue creature divennero simbolo della spiritualità solare, salvifica e basata sul logos. La Sirena invece, portatrice di una spiritualità altra, misteriosa, legata all’inconscio e al corpo, perse le ali e indossò la coda di pesce.

Le fu sottratta, via via, la funzione positiva di custode della conoscenza e se ne sottolineò la relazione con la morte in senso esclusivamente negativo. Oltre a uccidere, far annegare, mangiare e portare alla perdizione gli uomini che ascoltano il loro canto, si narra che le Sirene fossero anticamente le amiche di Kore, futura signora degli Inferi, e che avessero assunto la loro forma ibrida successivamente al rapimento della fanciulla da parte di Ade.

Inoltre la Sirena, appartenendo alle acque di sotto, era associata a una conoscenza falsa, ai piaceri bassi e illusori, in contrapposizione a perfezione e purezza della conoscenza dell’alto, proiettata nell’iperuranio.


Possiamo leggere la “caduta” della Sirena dal punto di vista psicologico, all’interno del processo attuato dall’uomo per creare una immagine del femminile per lui accettabile, dove la donna è moglie, figlia, madre, e in cui la sua sessualità è controllata e limitata. Lui non vuole vedere ciò che non può controllare, ovvero l’aspetto erotico della madre, da cui è attratto e terrorizzato al tempo stesso. Ha paura di essere fagocitato da questo amore e teme la vendetta del padre-rivale, in eterno conflitto con il figlio all’interno dello schema di potere gerarchico del patriarcato. Il logos, che si è formato nel processo di differenziazione dell’Io, si erge a difesa poiché teme che questo eros incarnato nel femminile possa minacciarlo con la costante angoscia di ritorno all’indifferenziazione originaria del ventre materno o all’opposto con la terrorizzante possibilità del rifiuto e della conseguente separazione. Allora cerca di concentrarsi solo sull’aspetto luminoso del femminile, estremizzato e ridotto poi nella figura di Maria al ruolo di Madre che nutre il figlio. E chiude gli occhi invece per dimenticare la Sirena, nascondendola negli abissi delle acque.
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Questa nuova manifestazione della Sirena come ibrido donna/pesce è attestata esplicitamente nel Liber Monstrorum, verso l’ VIII-IX sec. A partire da questo periodo la Sirena ricomincia sempre più frequentemente a scorgersi tra le onde e la sua figura si affaccia dalle pareti delle chiese romaniche tra il X e il XIII secolo.
Cos’è che intorno all’anno Mille fa riemergere la Sirena dal profondo?
In questo periodo storico qualcosa freme nel pensiero e nelle arti. Si affaccia al mondo l’Amor Cortese, espressione di una pulsione erotica svincolata dai ruoli sociali e genitoriali. Il desiderio è visto come possibile strumento di elevazione spirituale, di estasi e rivelazione. Il richiamo della natura erotica femminile, a lungo negato e soffocato, torna prepotentemente a riaffacciarsi alla coscienza.


Ma l’elevazione è possibile solo a patto che l’eros venga gestito secondo il principio della giusta “mezura”, ovvero mantenendo la giusta distanza dall’oggetto desiderato e riuscendo a controllare le pulsioni.

La Sirena torna allora per simboleggiare quella parte dell’eros che non è controllabile, che sfugge con la sua coda di pesce, che cola come l’acqua tra le dita. Lei è il mostro, l’incubo mai risolto della pulsione che spaventa, inganna, uccide, divora. In realtà però ciò che interpretiamo come mostruoso è ciò che la nostra coscienza non è ancora in grado di integrare. Il mostro si trova sulla soglia, ai crocevia, nei luoghi di passaggio tra conscio e inconscio, e da lì emerge sotto forma di domanda o enigma. Il mostro manifesta l’incompiutezza della rappresentazione, tentativi del divenire, e anticamente era considerato creatura divina in quanto epifania dell’invisibile, visione incompiuta di ciò che è nascosto. Solo recuperando il rispetto per il mistero e la capacità di scorgere il divino in ciò che ci appare mostruoso siamo in grado di accoglierlo e amarlo per quello che è. Altrimenti perderemo la possibilità di questo incontro divino. Il mostro fuggirà via da noi se avremo fretta di dare risposte, come fece Edipo, o se lo giudicheremo con sguardo sprezzante, seguendo il comportamento di Raimondino nella leggenda medievale di Melusina.

Questa storia medievale fu tramandata in diverse versioni e venne codificata definitivamente verso il XV secolo, ad opera di due nobili famiglie, eredi dei Lusignano, che volevano dar lustro al proprio nome rivendicando la discendenza dalla mitica antenata Melusina. Videro la luce quindi due opere in cui si racconta questa leggenda: una del 1392 dal titolo Roman de Mélusine e scritta da Jean d'Arras su richiesta del duca Berry; l’altra di qualche anno successiva, scritta da Couldrette per Partenay.
Nel racconto Melusina si presenta come una bellissima donna portatrice di prosperità, fortuna e perdono per il marito Raimondino de Lusignan, incontrato presso una fonte in un bosco mentre vagava sconvolto dopo aver accidentalmente ucciso lo zio durante una battuta di caccia.
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Melusina sembra incarnare il femminile salvifico che porta nuova vita all’uomo che si unisce a lei, a patto però che egli rispetti il suo divieto. Melusina infatti, prima di sposarsi con Raimondino, gli intima di non cercare mai di vederla il sabato. Il marito inizialmente rispetta il loro patto finché, dopo anni di sospetti e di voci sul misterioso sottrarsi della moglie, infrange il tabù e ne profana il segreto. Scopre allora che Melusina non ha solo natura di donna, ma anche di pesce. Immergendosi nell’acqua del bagno assume infatti la tipica coda della Sirena. Dopo aver squarciato il velo Raimondino non sa però sostenerne la visione e accogliere la doppia natura di Melusina.
Sono il rifiuto e l’incomprensione, più che l’aver infranto il tabù, a causare il grido di dolore di Melusina e la sua successiva scomparsa.


Qual E' l’essenza della sirena?

Attraverso questa varietà di epifanie della Sirena, possiamo coglierne la complessa natura. In quanto ibrido è collegata al doppio e spesso è raffigurata come bicaudata.
E’ la manifestazione della X intesa come incrocio e come incognita, dubbio. Allo stesso modo di un acrobata, sa fare della provvisorietà un equilibrio dinamico.
Trova profondi legami con il Centauro, che rappresenta la sua controparte maschile, con la Donna Selvaggia ricoperta di peli ed erba, con cui condivide la natura selvaggia, e con il Selvatico, ovvero il compagno maschile capace di confrontarsi con il lato oscuro, con la malattia, la diversità, il mostruoso.
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La Sirena quindi è un ponte tra dimensioni diverse. E’ da sempre collegata alla morte come passaggio. Si dice che il suo canto sia così pericoloso perché in realtà ha il dono di distogliere l’animo da ciò che è materiale e addolcire così il distacco dal mondo terreno. Le sue immagini abbondano sulle tombe e sui vasi funerari.

Vive in continua tensione tra l’alto e il basso, tra spiritualità e sessualità. Il suo compito è tenere uniti questi due aspetti che, se separati, diventano demoni che si impossessano dell’uomo. La Sirena invece è Stella Maris, astro caduto in mare che trasforma l’acqua in fonte di iniziazione. Spesso è raffigurata mentre indica con una mano il cielo e con l’altra si tiene la coda o allatta.
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Ha un fortissimo legame con l’acqua, portatrice di vita e di morte, simbolo di ciò che è interno, che viene dal corpo, che è inconscio. La testa deve sempre rimanere bagnata perché la vita è legata all’umidità. Con gesto erotico si pettina i capelli, simbolo di forza vitale, seduzione, identità; districa l’inconscio e coltiva il pensiero.
Il bagno - tema comune ad altre divinità come Afrodite, Artemide ed Era - è anche il luogo magico in cui avviene l’incontro tra gli essere umani e le fate, il rito che purifica e in cui è possibile la manifestazione di qualcosa di sovrannaturale.
Ma può essere anche il momento della rottura, se il soprannaturale non è compreso o accettato.

L’acqua in cui si immerge la Sirena è in stretta relazione con un altro liquido carico di significati, il sangue mestruale, che testimonia la pulsione generativa ancorata alla dimensione corporea. Acqua e sangue rappresentano un binomio atavico legato al potere della trasformazione, se ricordiamo che Lilith, la prima donna, appare ricoperta di sangue e saliva.


Inoltre sangue e acqua sono anche i liquidi mistici che sgorgano dal costato di Cristo e vengono raccolti nel Graal.
In comune con la Sirena Cristo ha anche l’associazione al Pesce. E’ stato identificato come il simbolo dell’inizio dell’età dei Pesci, mentre la Sirena può forse essere vista come simbolo della nuova età dell’Acquario, in cui il contenuto della coppa diverrà il contenitore, ovvero in cui l’eros permetterà di creare il calderone in cui può avvenire la trasformazione.

Il Cristo e la Sirena non sono gli unici esempi dell’associazione del divino al pesce, da sempre attributo della conoscenza.
In India il dio Vishnu assunse le sembianze di pesce come prima manifestazione. In questa forma il dio è salvatore, guidando l’arca durante il grande diluvio, ed elargitore agli uomini della conoscenza dei Veda, avviluppata in una conchiglia.

Anche il caldeo Oannes, ibrido uomo-pesce, porta agli uomini le scienze e le tecniche necessarie alla vita. Questa divinità è associata in modo particolare al delfino, la cui etimologia risale a delphys=utero, che è strettamente legato ad Apollo, a Delfi e alla Donna del Mare, rappresentazione della sua controparte femminile.
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Per le sue connotazioni da donna, da sempre associata al cibo, la Sirena è in relazione anche al latte. E’ raffigurata spesso mentre allatta piccoli sireni, creature umane o animali, spesso serpenti, e il suo latte è considerato veicolo di potenza. Inoltre il latte è associato alla Via Lattea e quindi al percorso iniziatico che le anime non incarnate devono compiere tra una vita e l’altra.
La Sirena, come il corpo della donna, viene quindi identificata con i liquidi prodotti (saliva, sangue, latte) e diventa manifestazione vivente del misterioso e potente ciclo di vita-morte-rinascita.


A cosa ci inizia la Sirena?

La Sirena è portatrice di una conoscenza iniziatica e continua nei secoli a cantare la sua natura doppia e enigmatica per riportarci alla memoria quel che abbiamo dimenticato, fino a che non saremo di nuovo pronti ad ascoltarla.
Viene a noi portando lo specchio della conoscenza, grazie al quale potremo finalmente vedere e, utilizzandolo per divinare, riusciremo a entrare in contatto con la divinità. Il suo segreto è nascosto nella coda e ha bisogno di acqua, di segretezza e di una mente umida per potersi rivelare. E’ un tesoro protetto da un sottrarsi come quello di Melusina, un divieto che alimenta in noi il desiderio di accettare la sfida. Ma accettare la sfida è pericoloso quanto non accettarla. Le risposte basate sulla ragione la fanno scappare, gli interrogativi giusti invece le permettono di rivelarsi.

La richiesta della Sirena quindi è più complessa di quel che appare in superficie: nasconde il desiderio che il segreto sia scoperto con eros. E’ questo infatti che può far superare la prova. Solo una mente che desidera e interroga è in grado di fare la domanda quando è giunto il momento giusto e di generare così nuove visioni. Come ogni iniziazione anche questa comporta un pericolo mortale a seconda di chi si avvicina alla Sirena: muore chi non sa lasciarsi trasformare, ottiene nuova vita chi al contrario l’ascolta e l’accetta.

Ma qual è dunque questo segreto da svelare?
La Sirena nasconde in sé l’immagine del non visto del femminile, ponte tra corpo senziente e spiritualità, negato e svilito dallo sguardo maschile. Si tiene la doppia coda tra le mani e la porta all’altezza della testa per aiutarci a far riaffiorare alla coscienza il suo mistero. Rappresenta la spiegazione vivente del paradosso che concilia la natura umana, sessuata e mortale, all’essenza divina di cui ognuno di noi è composto. E’ portatrice di una coscienza estatica che coinvolge il corpo e si differenzia dall’approccio al divino basato sulla ragione e sul pensiero. La Sirena è la testimonianza di un vivere più aderente alla ritmicità naturale di unione-separazione e teso alla ricerca della compiutezza e non della perfezione.
Il nodo centrale non è limitato al conoscere, ma a come si conosce. La conoscenza che canta la Sirena non si limita al logos, ma passa dal corpo e si nutre di eros.

Il desiderio attira magneticamente da entrambi i poli e presuppone un doppio processo di trasformazione. Da una parte c’è il viaggio della Sirena, del femminile, della conoscenza erotica, che va verso l’altro incarnandosi e accettando temporaneamente la mancanza della coda, ma che richiede un patto e dei confini. Dall’altra parte c’è l’uomo, il maschile, la conoscenza razionale, che una volta scoperta la natura diversa dell’altro deve avere coraggio sufficiente per frenarsi e restare aperto e ricettivo. Solo questo doppio viaggio di avvicinamento può portare al mysterium coniuctionis, alla creazione di una unione tra eros e logos, a una nuova relazione con l’altro e a un incontro erotico con la divinità.

Tanti sono i motivi per cui questo incontro può non avvenire: la paura connessa alla trasformazione a cui porta l’eros, la pretesa di spiegare e colmare senza riuscire ad accettare la mancanza e la diversità e senza rimanere in uno stato d’animo aperto e ricettivo, l’incapacità di guardare l’altro nella sua vera natura e non investirlo con le proprie proiezioni e o generalizzazioni. Quando l’unione non avviene restano solo il grido di dolore di Melusina e la sofferenza per la mancanza, che solo il canto della Sirena può continuare a rendere sopportabile.



Come lavorare con la Sirena?

Rapportarsi all’energia della Sirena significa in primo luogo risvegliare e rafforzare un modo diverso di vivere la relazione con noi stessi e con ciò che ci circonda, sviluppando una capacità sintetica più che analitica.

Meditiamo sulla sua figura quando vogliamo mantenere una mente fluida, aperta e pronta ad accogliere l’altro (o le altre parti di noi stessi).
Seguendo il suo esempio, ricordiamoci che il corpo è sacro e che ogni sua manifestazione va trattata di conseguenza.

Celebriamo nelle nostre vite l’immanenza del divino e da questa visione facciamo derivare la nostra etica quotidiana.
Sforziamoci di vedere nel mostruoso la manifestazione del divino, spogliandoci dei pregiudizi e delle sovrastrutture che la nostra mente razionale è sempre pronta a fornirci.
Sospendiamo il giudizio quando ci confrontiamo con qualcosa o qualcuno e poniamoci davanti all’altro come davanti alla preziosa testimonianza di un modo d’essere diverso dal nostro.
Guardiamo alla Sirena quando ci adoperiamo per costruire le nostre relazioni, ricordandoci che l’unione si può ottenere solo grazie a una trasformazione reciproca.
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Come la Sirena ci testimonia, ricordiamoci che è il desiderio per l’altro da noi a far muovere l’energia dell’universo e che ogni atto di amore e piacere è rituale della Dea.


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La voce della Sirena

Canto della trasformazione
che comincia con il desiderio,
come un ponte tra mondi diversi.

Chiedo, ma cerco silenzi
che contemplino l’equilibrio
da acrobata
degli opposti uniti.

Il mio corpo è la porta
che attraversano le anime,
mentre io sciolgo i nodi
o li lego stretti,
mentre dono vita nuova
o accompagno alla morte.

Chi ascolta il mio canto
conosce il desiderio sacro
che nascondo tra i capelli
e ha visto nello specchio
il segreto della creazione:
un vaso pieno
d’acqua trasparente.



  Bibliografia e internetgrafia

• Iolanda Stocchi, Il silenzio delle sirene, La biblioteca di Vivarium, 2005
• Starhawk, La Danza a spirale, Macro Edizioni, 2006
• René Guénon, Simboli della Scienza sacra, Adelphi, 2003
• Massimo Izzi , Dizionario illustrato dei mostri, Gremese
• http://xoomer.alice.it/mp.vannucchi/miti_e_leggende.htm#La%20leggenda%20di%20Melusina
• http://www.utoughifanclub.it/sito/musica/alchimia/SIREMUSE.HTM


IMMAGINI
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SUNITA

Sunita, al secolo Ilaria Ruggeri, lungo il suo percorso a spirale è passata dagli studi classici, alla laurea in design per approdare alla psicologia e al counselling bioenergetico.
Segue il sentiero della Dea, cresce con suo marito, lavora, legge, disegna, crea e ha sempre tante idee e nuovi progetti da realizzare.

ilabea2@yahoo.it















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