HERA
UNI, GIUNONE

Testo e ricerca di Maria Giusi Ricotti


Racchiusa nei grembi cerulei, aereiforme,
Era di tutto sovrana, beata compagna di Zeus,
che offri ai mortali brezze gradevoli che nutrono la vita,
madre delle piogge, nutrice dei venti, origine di tutto.

Senza di te nulla conobbe affatto la natura della vita;
perché, mescolata all'aria santa, a tutto partecipi;
infatti tu sola tutto domini e su tutto regni,
agitata sull'onda con sibili d'aria.

Ma, Dea beata, dai molti nomi, di tutto sovrana,
vieni benevola rallegrandoti nel bel volto.


                                                         
   Inni Orfici *


Solitamente il nome di Hera, o Era, viene fatto derivare dalla parola greca che significa signora, ma potrebbe essere una variazione di Herwa “la protettrice”.
Hera, figlia di Crono e di Rea, sorella gemella di Zeus, nacque nell’isola di Samo, o ad Argo, e nella leggenda si dice che le Stagioni furono le sue nutrici. Fu la terza moglie di Zeus (dopo Metis e Themis) e, nell’Olimpo, è la Dea-sposa per antonomasia.

Hera appare nei miti classici soprattutto come persecutrice di tutte le sue rivali in amore (divine o mortali) e di tutti i figli nati dai rapporti extraconiugali dell’infedele consorte Zeus: quello di Eracle è il caso più famoso, benché il nome stesso dell’eroe, che significa “Gloria di Era”, faccia sospettare che in origine egli fosse pupillo o addirittura pàredro (Dio o semidio al seguito di una divinità maggiore) della grande “Dea Madre” rappresentata originariamente da Hera, il cui culto fu anteriore a quello di Zeus.

 
Come Dea dell’anno vegetativo, cioé primavera, estate e autunno, veniva venerata come Fanciulla, Sposa e Vedova (luna crescente, piena e calante).
La credenza che le Stagioni fossero state le sue nutrici, significa che Hera veniva considerata una Dea del calendario oltre che protettrice dei matrimoni, dei parti e della vita domestica e dei navigatori.

Il cuculo, simbolo della primavera, ornava il suo scettro, e spesso veniva ritratta con una melagrana matura nella mano, simbolo dell’unione, del tardo autunno, della morte dell’anno. Hera è associata con l’etrusca Uni e con la romana Iuno (Juno, Giunone).


I MITI DI HERA


I miti di Era sono numerosissimi, ma la maggior parte di essi la descrive in relazione al suo rapporto con Zeus, l’importante marito, signore di tutti gli Déi dell’Olimpo.

Con il monoteismo ci siamo abituati a pensare che Dio sia maschio, ma il mondo mitologico non si limita al mito originario del paradiso terrestre. I miti anteriori della creazione attribuiscono alla figura femminile l’importanza che nella Genesi è accordata all’uomo. Nella preistoria la donna, detenendo il potere di generare, aveva grande rilievo sociale e la discendenza era matrilineare perché questo era il modo naturale in cui la si poteva concepire in origine.

I più antichi paradisi terrestri erano amministrati da donne: la Dea Hera abitava il Giardino delle Esperidi, un paradiso sumerico governato da Siduri, la Dea della saggezza. In molte narrazioni sull’origine, il mondo ebbe inizio da una donna, anche se abbondano nei miti primitivi sull’origine gli Déi-serpenti (e comunque il serpente è uno dei più antichi e potenti simboli della Grande Dea).

Solo in epoca più tarda, Zeus, il Padre del Cielo, signore della folgore, venne identificato come colui che teneva sotto il suo controllo la litigiosa e ribelle famiglia degli Déi olimpi e la sua volontà venne riconosciuta come legge.
 

Fino a quel tempo pare che la monogamia fosse sconosciuta; gli uomini e le donne (a maggior ragione gli Déi) prendevano tutti gli amanti che volevano.

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Nelle leggende, dopo aver spodestato Crono e i Titani ed essere diventato il signore degli Déi, Zeus raggiunse sua sorella Era a Cnosso, in Creta dove la corteggiò, dapprima senza successo. Hera non ne voleva sapere ed ebbe pietà di lui soltanto quando egli si trasformò in un cuculo infreddolito e allora lei teneramente lo riscaldò sul proprio seno. Ma Zeus subito riassunse il proprio vero aspetto e cercò di prenderla con la forza. Ma senza successo e lei resistette alle profferte amorose finché lui non promise di sposarla.

La leggenda di Era assediata da Zeus ricorda la conquista di Creta e della Grecia micenea, cioé della Grecia cretizzata, e il decadere della supremazia della Dea in ambedue i paesi. Ondate successive di indoeuropei invasori, tra il 4500 e il 2500 a.C., con i loro guerrieri e le loro teologie fondate sul Padre, sottomisero i popoli della vecchia Europa che per 25.000 anni avevano seguito religioni basate sulla Madre e sviluppato una civiltà pacifica, culturalmente avanzata, non stratificata, agricola ed ugualitaria. Gli invasori a cavallo, adoratori del Dio del cielo, imposero la loro cultura e la loro religione patriarcale ai popoli sconfitti.

La Grande Dea, nota sotto molti nomi, divenne la consorte ossequiente degli dei invasori e i suoi attributi e poteri vennero assorbiti dal dominio delle divinità maschili. Alcuni di loro, come Zeus, si impossessarono anche del potere di creare la vita e di partorire, che era stato il regno naturale delle donne e della Dea: ora gli Déi del cielo creavano la vita pronunciando una parola o manifestando la loro volontà e davano alla luce i figli partorendoli dalla testa, come Zeus con Atena.

Per il matrimonio di Hera e Zeus tutti gli Déi recarono doni agli sposi; la Madre Terra donò ad Era un albero dalle mele d’oro che fu poi custodito dalle Esperidi nell’orto di Era sul monte Atlante. Le mele d’oro, nel mito greco e celtico, erano il passaporto per il Paradiso mentre sono conosciute, in ambito ebraico cristiano come frutto di conoscenza e sapienza.

La Dea trascorse la sua prima notte di nozze con Zeus a Samo, e fu una notte di nozze che durò trecento anni. Quando la luna di miele finì era finito proprio tutto: Zeus tornò alle sue abitudini promiscue di prima del matrimonio (aveva già avuto molte consorti e molti figli) e le fu ripetutamente infedele, relegandola nel suo difficile ruolo olimpico di regina consorte.

Zeus estese il suo potere sopra e sotto la terra, mentre sua moglie Era lo uguagliava in una cosa sola: lei aveva il dono della profezia e poteva concederlo a qualunque uomo o animale le piacesse.
I rapporti coniugali tra Zeus ed Era rispecchiano quelli della barbara civiltà dorica, quando cioé le donne perdettero tutti i loro poteri magici, salvo le capacità profetiche, e vennero considerate alla stregua di oggetti di proprietà del marito.
 

 
Zeus ed Era si azzuffavano di continuo. Oltraggiata dalle infedeltà del marito che disonorava il matrimonio a lei sacro e favoriva i figli avuti da altre, Era umiliava spesso Zeus con tortuosi raggiri. Benché lui le confidasse i suoi segreti e, a volte, ne accettasse i consigli, non si fidava completamente di Era ed essa sapeva che, se l’avesse offeso oltre un certo limite, Zeus avrebbe potuto fulminarla. Si rassegnava dunque a intessere intrighi, come accadde in occasione della nascita di Eracle.

Ma Era, nonostante le zuffe, teneva molto in conto le attenzioni del marito e, a volte, si faceva prestare da Afrodite la magica cintura, per risvegliare la passione di Zeus.
Talvolta, in seguito a una qualche nuova umiliazione, Hera se ne andava. I miti parlano delle sue peregrinazioni fino ai confini della terra e del mare, durante le quali si avvolgeva nel più profondo malumore, separandosi da tutto e da tutti.

Un giorno la superbia e la petulanza di Zeus divennero intollerabili ed Era, Posidone, Apollo e tutti gli altri olimpi, a eccezione di Estia, lo circondarono all’improvviso mentre dormiva e lo legarono al letto con corde di cuoio, annodate cento volte, cosicché non si potesse più muovere.
Zeus li minacciò di morte, ma gli Déi avevano gia messo le folgori al sicuro e gli risero in faccia. Mentre festeggiavano la loro vittoria - e già cominciavano a discutere su chi dovesse succedere a Zeus - la nereide Teti, prevedendo una guerra civile sull’Olimpo, andò a chiamare il centimane Briareo che rapidamente sciolse tutti i nodi, servendosi di tutte le sue mani, e liberò il suo padrone.

Poiché la congiura contro di lui era stata organizzata da Era, Zeus appese la consorte al cielo fissandole due bracciali d’oro ai polsi, e le legò un’incudine a ogni caviglia.
Gli altri Déi erano angosciati in modo indescrivibile, ma non osarono accorrere in aiuto di Era che lanciava grida strazianti. Zeus infine decise di liberarla a patto che gli Déi giurassero di non ribellarsi mai più e ciascuno di essi obbedì a malincuore.

Dall’unione di Era e Zeus nacquero gli Déi Ares, Efesto ed Ebe, benché molti miti dicano che Ares e la sua gemella Eris furono concepiti da Era quand’essa toccò un certo fiore, ed Ebe quando essa toccò una lattuga, e che anche Efesto nacque da lei per partenogenesi.
La lattuga era nota nella tradizione greca come un nutrimento per i morti che provocava impotenza agli uomini. Il paradosso della lattuga è che ha la caratteristica di stimolare la lattazione e il flusso mestruale. Tuttavia alle donne greche veniva proibito mangiarla, soprattutto la parte centrale, il cuore, che contiene la spremuta lattea che maggiormente assomiglia al seme maschile (curiosamente questa abitudine deve essere sopravvissuta nella Grecia moderna: per quanto mi consta è ancora molto difficile trovare un piatto di insalata verde nei ristoranti e negli hotels… non sono certa che se ne consumi nelle case private.)
 

 
Prima della guerra di Troia Hera partecipò con Afrodite e Atena al cosidetto Giudizio di Paride, nel corso del quale il giovane figlio di Priamo riconobbe ad Afrodite la palma della bellezza su tutte le dee. Da questo episodio si fa originare l'ira inestinguibile di Era nei confronti dei Troiani, che causò molteplici litigi con il marito Zeus, e che fece di lei la principale persecutrice di Enea.

Ma le vendette più aspre di Era riguardano le donne amate da Zeus e che con lui avevano generato dei figli: Io, l’argiva, fu trasformata in giovenca e affidata in custodia al mostro Argo, dotato di molti occhi (i quali, dopo la morte della creatura per mano di Ermes, avrebbero finito per ornare la coda del principale uccello simbolo della Dea, il pavone); la tebana Semele, madre di Dioniso, fu istigata a chiedere che Zeus le si manifestasse in tutto il suo fulgore, finendone perciò uccisa; ai re di Orcòmeno che ricoverarono Dioniso bambino, fu inflitta la punizione della pazzia; Latòna, incinta di Apollo e Artemide, fu costretta a peregrinare per tutto il territorio greco perché Era le vietava un luogo dove partorire (alla fine fu scelta l’isola “errante” di Delo); mentre la ninfa Callisto, secondo alcune tradizioni, fu tramutata in orsa per la sola colpa di essere giaciuta, pur ignara e controvoglia, con Zeus (ma la metamorfosi in orsa è generalmente attribuita ad Artemide).

Benché la mitologia greca metta in risalto le umiliazioni e le vendette di Era, i suoi eccessi, gli scoppi di collera e la crudele vendicatività (e non la sua fantasia e il suo umorismo), nel culto a lei tributato era invece molto rispettata e le si riconosceva ben altra statura.

Nei rituali le venivano dati tre appellativi: a primavera veniva onorata come Era Parthenos (la Fanciulla o la Vergine), in estate e autunno veniva celebrata come Era Teleria (la Perfetta, la Realizzata) e in inverno diveniva Era Chera (la Vedova, l’Anziana).

Questi tre aspetti corrispondevano alle tre fasi della vita della donna rappresentati in rituali diversi: a primavera Hera si bagnava ritualmente nella fonte di Canato, presso Argo, e così riacquistava la sua verginità (come lei anche Afrodite si bagnava ogni anno a Pafo per recuperare la verginità: pare che il mito ricordi la cerimonia di purificazione che veniva imposta alla Sacerdotessa della Luna dopo l’uccisione del suo amante, il Re Sacro. È interessante notare anche che il significato del termine “eroe” è “Re Sacro sacrificato a Hera).
In estate con lo Hierogamos, il matrimonio sacro con Zeus, realizzava la perfezione dell’incontro dei principi divini femminile e maschile e, giunti all’inverno, con un rito che metteva in atto un litigio con Zeus e la separazione da lui, entrava nella fase di Era Chera, vedova o nascosta, l’anziana.


CULTI GRECI, ETRUSCHI E ROMANI

Il culto di Era in quanto Dea delle nozze e della vita coniugale era particolarmente diffuso tanto nella Grecia continentale quanto nelle isole e la memoria della sua hierogamía “unione sacra” con Zeus era oggetto di numerose rappresentazioni artistiche e rituali.
Nella Grecia antica era la Dea Hera a percorrere il cielo portando doni e abbondanza durante dodici notti solstiziali. Nel mondo romano Hera, legata a Diana - da cui Herodiana, in seguito mutata in Erodiade e Aradia - era la Dea notturna per eccellenza, che soprintendeva al Corteo di Diana, in cui le donne pagane compivano i loro sortilegi.

Se nell'Olimpo greco Zeus aveva accanto Hera, nel mondo etrusco troviamo Uni affiancata a Tinia, la maggiore divinità maschile, e il suo culto era uno dei più importanti dell’Etruria e di quasi ogni città dell'Italia centrale.

Uni aveva gli appellativi di Regina o di Sospita (salvatrice) ed era venerata come divinità principale.

È possibile che Uni fosse una divinità che proteggeva tutti gli aspetti della vita femminile e che rappresentasse, probabilmente, anche un nume protettore dei naviganti, pure in questo simile a Era, come testimoniano i santuari eretti in suo onore nei porti. Inoltre le era affidata la protezione delle città e delle nascite.
 

 
A Roma Era venne identificata con Juno – Iuno, Giuno, Giunone - e formò con Giove (Zeus) e Minerva (Atena) la cosiddetta Triade Capitolina, venerata sul Campidoglio.
Giunone era la più importante divinità femminile romana, moglie di Giove ma, in origine, Giuno sarebbe stata l’equivalente femminile di Genius: fin dai tempi più antichi ogni donna avrebbe avuto, sotto questo nome, uno spirito protettore o semplicemente un “doppio”, la propria essenza, l’espressione della propria natura feconda. Grazie a uno sforzo di astrazione, dalla folla delle Junones individuali sarebbe poi scaturita la grande Dea Juno che aveva la funzione di proteggere le donne, soprattutto quelle legittimamente sposate.
Ebbe molti appellativi: Iuno Regina o Iuno Augusta, come signora dell’universo; Iuno Lucina come apportatrice della luce del giorno, ma anche patrona del dare alla luce e della procreazione e crescita demografica. Poi Iuno Matrona come protettrice delle donne sposate. Iuno Moneta come memoria ed ammonimento dei pericoli ed in ricordo del salvataggio dell’arce capitolina da parte delle oche (a lei sacre) che svegliarono la guarnigione; Iuno Iuga o Iuno Pronuba, protettrice delle nozze e del vincolo coniugale. Iuno Sospita, salvatrice; Iuno Opigena. che aiuta nelle nascite; Iuno Veridica, sincera, ed altre ancora.

Giunone era anche identificata con Saturnia dai Romani.

Il mese di giugno era a lei dedicato e da lei prendeva nome e veniva considerato il mese dei giovani o iuvenes. Ha etimo comune con iuvenca, in latino giovane femmina (di umani come di altri mammiferi: corrisponde all'italiano giovenca). Iuno arcaicamente era assimilata alla Luna, da cui la relazione con i 12 mesi e il calendario. La prima metà di Giugno fino alle Idi era un periodo di purificazione, pertanto non considerato di buon augurio per le nozze. A giugno cade il Solstizio d'estate e, per i romani, era il mese della ridedicazione di sé stessi alla famiglia ed agli Déi. L'anno nuovo iniziava col primo plenilunio dopo il solstizio d'estate.

L’ICONOGRAFIA

L’iconografia più tradizionale vede Hera nelle vesti di matrona, maestosa e solenne, talvolta con il capo incoronato o turrito, non di rado dotata di un melograno o di scettro sormontato da un cuculo.

I suoi simboli erano la mucca, la Via Lattea, il giglio, l’iridescente coda del pavone tutta occhi, simbolo della vigilanza e della capacità di vedere (la profezia) che che le erano tipiche. L’epiteto di boôpis, “dagli occhi bovini”, che spesso accompagna il suo nome in Omero, sottolinea il suo legame con il mondo agricolo e con i valori di fecondità e ricchezza ad esso connessi, ma la mucca sacra fu un’immagine a lungo associata alla Grande Madre come dispensatrice di nutrimento mentre la Via Lattea (o Galassia dal greco “gala”, latte) riflette la credenza, precedente l’apparire delle divinità dell’Olimpo, che la Via Lattea provenisse dalle mammelle della Grande Dea come Regina del Cielo. Questa concezione è poi entrata a far parte della mitologia di Era.

Altri animali ad essa più frequentemente associati sono l’oca, il corvo e il leone.
I simboli di Era e i suoi conflitti con Zeus riflettono il potere che aveva precedentemente come Grande Dea, il cui culto anteriore affonda le sue origini nei più antichi culti micenei e mediterranei.
 

HERA ARGIVA, CULTO DELLA MAGNA GRECIA


  Siede sul trono
maestosa e solenne
Hera argiva
la Dea millenaria
compiaciuta della melagrana
che trattiene nella mano
offerta dai devoti fiduciosi.
Avranno gli oranti
prole numerosa
come i rubini accesi
che il frutto racchiude
sotto la membrana cuoiosa.
Mentre alla Dea
spetterà la certezza
di regnare incontrastata
dentro un santuario rinnovato
sopra l’umanità bisognosa.**


Non lontano dagli scavi archeologici di Paestum, sui rilievi collinari dell'entroterra, laddove i Greci fondarono, agli inizi del VI secolo a.C. la città di Poseidonia e il santuario di Hera, sorge il Santuario della Madonna del Granato: eretto intorno al XII secolo, è immerso nei profumi della macchia mediterranea e, da secoli, esercita un fascino popolare e femminile.
Il culto della Vergine qui è profondamente legato ad una delle divinità classiche, Hera, introdotta dai coloni greci, e ad un forte sentimento popolare che i fedeli le manifestano portandole in dono dei melograni.
L'immagine femminile che riveste di fascino il santuario, oggi identificata con la Vergine Maria, è infatti quella di Hera Argiva (Hera di Argo): molti studiosi ritengono che la venerazione della Madonna del Granato rappresenti la continuità di tale culto, sopravvissuto nei riti popolari, assimilati poi in quelle credenze cristiano-cattoliche che variano secondo l’identità regionale.
Le sedi del culto di Hera nelle terre italiche, sono diffuse nell'intera Magna Grecia, e tra queste vi è Paestum, sede prescelta dai coloni greci per un insediamento lungo le coste campane; il caso della Madonna del Granato è solo uno degli esempi in cui una divinità classica è stata assorbita e trasformata dal culto cristiano.


HERA, CATTIVA STAMPA

Così come ce la presenta la mitologia classica Hera non è una divinità delle più morbide: diciamo che, dai tempi di Omero in poi, non ha mai goduto di una “buona stampa” né di una recensione comprensiva.
Eppure è una delle dee più autentiche, una figura femminile in cui molte donne si sono riconosciute: è sicuramente stata il prototipo di molte delle nostre madri e delle molte donne che, in vari secoli e in varie culture, hanno accettato (o dovuto accettare) il ruolo tradizionale di moglie all’interno delle società patriarcali. Donne che avevano il matrimonio e la famiglia come unica via di espressione.

L’archetipo di Hera ha agito e agisce ancora in tutte quelle donne che proiettano la loro realizzazione esclusivamente all’interno del rapporto di coppia, quelle donne per le quali il matrimonio costituisce un punto di arrivo, una meta esclusiva, e talvolta, purtroppo, proprio perché così carico di aspettative, si rivela una solenne delusione.

In età classica le celebrazioni di Era non costituivano solo un semplice momento rappresentativo, quanto piuttosto un'occasione educativa per l'intera comunità. Nelle città greche i miti facevano parte viva dell’identità culturale civica e individuale, si traducevano nei templi, nei riti e nelle feste. Non erano solo il racconto di un passato dato per vero ma costituivano materiale per la costruzione di un sistema di valori.
 

Il messaggio che Hera trasmetteva, la celebrazione del matrimonio di cui era la sacra custode - quale unione del maschile e del femminile socialmente riconosciuta - può ancora oggi essere interpretato come segno e origine del governo degli dèi sul cosmo, affermazione di una struttura paternalistica, base dell'intero sistema sociale da allora ai tempi nostri (lo hieros gamos tra Hera e Zeus, dopo la vittoria di questi su Cronos segna il punto di partenza del nuovo regno degli dèi olimpi).

La lezione che dovevano trarre le fanciulle di buona famiglia che si recavano ai santuari durante le feste in onore della Dea forse è questa: Hera aveva dato l'esempio sposandosi, aveva attribuito valore alle unioni formali e… il tempo della Grande Dea era finito.

 
Precedentemente alla donna era stata attribuita grandissima importanza per il suo ruolo di generatrice della vita e di nutrice: la divinità femminile esercitava un ruolo prevalente, facendo da specchio a quello che veniva considerato un valore primario pertinente all’universo femminile. Con l’avvento delle invasioni indoeuropee tutto cambiò: l’uomo aveva realizzato che, giacendo con una donna e rendendola incinta, poteva cominciare a vedersi come creatore, relegando la compagna al rango di puro e semplice “contenitore”, acquistando motivazione e sicurezza di predominio. Sempre che non fosse concesso ad un altro uomo di avvicinarsi alla sua donna, l’uomo poteva garantirsi la continuazione di sé, diventare in un certo senso immortale. A questo punto, giocando al ribasso sul ruolo decisivo che la donna assume nella procreazione e considerandola quasi come un vaso da fiori seminato opportunamente, scopriva e sfruttava una sensazione nuova di potere, di dominio incontrastato.
Poteva tramandare il proprio nome e le ricchezze acquistate in vita ai figli maschi, eludendo così, finalmente, l’oblio della morte.

È la fine della società matrilineare, del mitico e pacifico tempo perduto in cui la vita e la sua protezione avevano valore assoluto. Le donne da detentrici del potere divino della creazione vennero trasformate in mogli, oggetti di proprietà del padre e poi del marito.


Hera, la Grande Dea, si sposò e perdette lo scettro.  

Un intero capitolo dell’interessantissimo “Le dee dentro la donna” di Jean Shinoda Bolen presenta Era come l’archetipo della donna sposata-bene, facente funzione assoluta di moglie, dipendente purtroppo dalle bizze e dagli umori di un marito dispotico, autoritario e infedele, padrone assoluto del mondo, piuttosto distaccato e poco propenso a qualsiasi dialogo di coppia. Con tutti gli inconvenienti del caso: come Bolen sottolinea, la donna che ancora ai nostri giorni vive l’archetipo Era può essere spinta al matrimonio da forze archetipiche e culturali che agiscono di concerto, e rimanervi prigioniera.
J.S. Bolen (i suoi “Le dee dentro la donna” e il gemello “Gli Déi dentro l’uomo” sono testi utilissimi per la comprensione degli archetipi divini nella natura umana) analizza in profondità un certo atteggiamento femminile che è, in diversa misura, comune a tutte le donne che si accostano o vivono il matrimonio.
Sarebbe superfluo ripetere la sua analisi acutissima, e irrispettoso condensarla in poche righe. mentre può essere maggiormente interessante andare alla ricerca di quanto oggi la Dea Era può offrire anche alle disincantate figlie del terzo millennio che credono ancora nei rapporti istituzionalizzati e si ostinano a voler costruire un rapporto di coppia senza necessariamente dover soccombere nel ruolo tradizionale di moglie sottoposta o frustrata.

La figura di Hera, infatti, contiene dell’altro ancora, nascosto tra le pieghe del suo peplo: qualche insegnamento adatto ad ispirarci nella costruzione di matrimoni paritari, basati sul dialogo e la crescita comune e non sulla dipendenza o la prevaricazione.

Quella che è stata la Dea protettrice delle spose tradizionali, può continuare ad essere oggi la sostenitrice delle mogli che realizzano sé stesse e in un matrimonio vitale e simmetrico, aperto al mondo e non reclusivo, anziché proiettate nel ruolo di spose dipendenti, in tutto o in parte, dalla personalità e attenzioni del coniuge.

Infatti la Hera bisbetica e vendicativa descritta dai poeti, ammesso che fosse veramente tale e non una Regina calpestata ferita e tradita come è più probabile, non può più sopravvivere, se non come una immagine di sottomissione e dipendenza materiale, psicologica e sentimentale che per le donne moderne dovrebbe appartenere al passato.
 


ESSERE MOGLIE OGGI, SENZA SOCCOMBERE

 
L’istituzione del matrimonio è sopravvissuta nei millenni, adattandosi alle diverse culture, modificandosi nel tempo. È stata anche, per lunghi periodi, una struttura di protezione per la donna che vedeva legittimato uno status sociale, nel suo ruolo di moglie, che altrimenti non riusciva a farsi riconoscere.

Oggi ancora vive ed è fondamento delle strutture sociali ma, nonostante nelle nazioni più “evolute” sia intesa ormai come contratto tra liberi agenti, si trascina il retaggio del suo passato e viene sempre di più considerata, anziché una sinergia come dovrebbe essere, come una trappola per le libertà individuali.

Tuttora comunque molte donne, che pure hanno un alto livello di indipendenza, un raggio di interessi molto ampio e spesso una consistente cultura e preparazione (magari una solida attività quando non una carriera nel mondo del lavoro), non vogliono rinunciare all’esperienza di essere mogli in un matrimonio istituzionale.

I motivi sono i più vari: dalla tutela e protezione dei figli, ai vantaggi di ordine sociale che solo il matrimonio garantisce alle coppie regolarmente sposate (e non vi sono alternative: in Italia è eternamente in sospeso l’istituzione dei PACS, DICO o comecavololichiameranno… liberi contratti di convivenza, che in molte nazioni europee sono validi da tempo), all’intenzione di prendere un impegno formale con un singolo partner dettato dal desiderio di un rapporto duraturo o dalla volontà di costruire una famiglia stabile, socialmente riconosciuta.

Nello stesso tempo, molte donne che si accostano al matrimonio non desiderano per questo perdere la loro autonomia, buttare alle ortiche la loro personalità, annullarsi nello stress di tamponare i ritmi di una vita moderna che richiede alla donna di essere acuta e mirata come Atena in ufficio e nella carriera e, non appena chiusa la porta di casa, di cambiare subito i panni in quelli più scontati della solita sposa/madre/governante senza orizzonti.

Attualmente viviamo in un periodo di transizione: molto è cambiato rispetto all’universo delle nostre madri o delle nostre nonne ma molto ancora deve essere cambiato perché la società ci assicuri una condizione femminile davvero dignitosa. E non sarà facile che questo avvenga in tempo breve; anche ammesso di superare le resistenze culturali, le trasformazioni sociali costano: in periodi di recessione come quelli che stiamo vivendo, ci saranno sempre altre spese, prioritarie rispetto a quelle che consentirebbero di migliorare la vita femminile (asili aziendali, orari di lavoro ad hoc, supporti domestici sono sempre privilegio di poche donne e non una priorità sociale, nemmeno nella nostra avanzata Europa).

Tanto vale rassegnarsi a vivere in un mondo imperfetto, con pochissimi supporti e ancora molta resistenza – soprattutto nell’universo maschile – e vedere cosa possiamo fare con i nostri mezzi personali per vivere un matrimonio migliore.

Poiché ogni trasformazione inizia dall’interno, sarà un buon inizio appellarsi a Hera per capire in cosa il nostro modo di intendere il rapporto matrimoniale va trasformato.
 

L’istituzione del matrimonio ha assunto nei secoli delle caratteristiche molto radicate, che siamo abituate ad accettare inconsciamente e che è invece opportuno analizzare con cura, prima da sole e poi in coppia, per chiarire profondamente il significato che al proprio matrimonio si intende dare

 
Quanto è rimasto in noi dell’immagine della sposa tradizionale, che veniva portata all’altare dal padre e accettata dal marito? Quanto siamo disposte a cedere - e quanto no - della nostra verginità? Si badi, non quella fisica, ma quella intesa in senso classico di autonomia-in-noi-stesse, capacità di non dipendere, di non adagiarci nemmeno psicologicamente sulla figura di un marito tradizionale che, automaticamente, in cambio di un poco di sicurezza, ci riporta a una condizione di dipendenza?
Oggi nemmeno più di dipendenza economica visto che molte di noi sono chiamate a lavorare o contribuire di tasca per far quadrare i conti delle famiglie, e che l’accusa di volerci autorealizzare a tutti i costi trascurando la famiglia è finalmente caduta, non in forza di un maggiore rispetto per le donne ma a causa, purtroppo, di una condizione economica generale che richiede nell’economia domestica l’apporto produttivo di due capofamiglia, di due stipendi, per sbarcare il lunario.

È prima di sposarsi che ci si deve chiedere quanto si vuole o NON si vuole cedere di sé stesse, a quanto del proprio libero universo personale si vuole rinunciare, per il matrimonio. Quale ruolo si vuol dare alla sposa e quale allo sposo.

Hera la Grande Dea cresciuta nel giardino delle Esperidi, sposando Zeus perde lo scettro del potere detenuto per decine di migliaia di anni. La Grande Dea perde la sovranità in una notte d’amore, in cambio del ruolo di pura facciata di regina dell’Olimpo. Una regina di nome, il cui potere era limitato al dono della profezia, cioé del “sapere”, del conoscere ma non dell’“agire” o del disporre.

Oggi, in occidente, il regime matrimoniale recita finalmente che marito e moglie sono ambedue capifamiglia, con ruolo paritario nelle decisioni, nell’amministrazione dei beni, nell’educazione dei figli… ma ogni donna sposata sa quanta disparità di ruoli le capita di sobbarcarsi, se non nelle decisioni (nel sapere) nel campo del fare (rinuncia del suo tempo/potere personale).

Nel mito, solo dopo il matrimonio i conflitti con il suo sposo Zeus persuadono Era ad esplorare la realtà del mondo femminile. Lei si ripromette allora di riprendere la sovranità sul suo mondo reale. È nel giardino della Dea Flora – ambiente di “coltivazioni” femminili - che esplorando trova i vegetali (fiori e lattughe) che le permettono di generare da sé i propri figli, senza intervento maschile.
 

Dobbiamo però costruire in noi la nostra Sovranità, creando un giardino interiore di coltivazioni femminili. Se abbiamo uno spazio di sovranità personale (lavoro e interessi, cultura, arte) e badiamo bene a non gettarlo lontano con il mazzo di fiori da sposa, non ci è più necessario scatenarci come furie vendicatrici se il nostro coniuge coltiva per sua parte il suo personale potere. Ci dobbiamo accostare al matrimonio con le idee e i patti chiari, senza lasciarci sottrarre lo scettro della sovranità personale già nelle dolci brume della luna di miele, che ormai non dura davvero più trecento anni!

La donna che si sposa deve sapere quanto di sé stessa vuole conservare e deve fare un accordo: spiegare chi è e cosa vuole, al di fuori dei ruoli stereotipati, subiti per tradizione.
Ciò che porta arricchisce il matrimonio, non toglie potere al maschio. Per celebrare di comune accordo lo Hierogamos, unione di femminile e maschile, incontro e realizzazione di perfezione, ogni coppia deve elaborare le sue leggi, stabilire i suoi confini, costruire col dialogo gli ambiti di responsabilità comune e gli specifici di autonomia. Solo cancellando dalla psiche l’immagine ereditata nei millenni della sposa radiosa che dona tutta sé stessa sull’altare, la donna moderna parte a parità di punti con il marito.

La Dea Era, sul monte Olimpo, raccolto il suo antico scettro sormontato da un cuculo, le invierà una commossa, soddisfatta, benedizione. Probabilmente anche Zeus, sollevato, farà lo stesso.


L’INVOCAZIONE

 
Naturalmente possiamo invocarla quando lo desideriamo, se abbiamo o desideriamo un marito, perché la sua esperienza ci guidi e la sua benedizione sia con noi. Dopotutto Era ha attraversato tutte le fasi di un matrimonio complesso e difficile senza mai perdere l’interesse e l’amore per il coniuge.
Ed, a suo modo, Zeus non ha mai smesso di valutarla e tenerla in considerazione (sospetto anche per le alte doti di fantasia e umorismo che Lei dimostra nei vari miti).

Quali che fossero le sue modalità, la perseveranza nel credere nel suo ruolo è la sua caratteristica più evidente.
Sarà sicuramente protettrice affettuosa e consapevole sia delle spose realizzate, sia di quelle tradite e umiliate e non rifiuterà di sostenerle nei momenti difficili.


UN RITO CON HERA PER RECUPERARE LA VERGINITA’

Potete condurre con Hera un rito di rigenerazione personale. Abbiamo visto che periodicamente Era era solita bagnarsi alla fonte di Canato per “recuperare la sua verginità”. Ma non si tratta certamente della verginità fisica, bensì di qualcosa di molto più esteso ed importante:

“L’aspetto della Dea vergine rappresenta quella parte della donna che un uomo non può riuscire a possedere né a penetrare mai, che non viene toccata dal bisogno di un uomo o della sua approvazione, che esiste di per sé interamente separata da lui. Quando la donna vive secondo un archetipo di vergine, non vuole dire che lo sia fisicamente o in senso letterale, ma che un’importante parte di lei lo è in senso psicologico. Il termine vergine significa incontaminata, pura, incorrotta, non consumata, non manipolata dall’uomo…
… come scrive la Harding, ‘la donna che è vergine, una-in-sé-stessa, fa ciò che fa non per il desiderio di piacere, essere gradita, o approvata sia pure da sé stessa; non per la brama di estendere il suo potere su un altro, per catturarne l’interesse o l’amore, ma perché ciò che essa fa è vero. Le sue azioni spesso sono non convenzionali…’
Se la donna “è una-in-sé-stessa” sarà motivata dal bisogno di seguire i propri valori interni, di fare ciò che per lei ha senso e la realizza, a prescindere da ciò che pensano gli altri…
…L’aspetto della Dea vergine è pura essenza di ciò che la donna è e di ciò a cui attribuisce valore: un aspetto che rimane intatto e incontaminato perché lei non lo rivela, perché lo custodisce sacro e inviolato, o perché lo esprime senza alterarlo per adeguarsi ai modelli maschili.”
(Bolen, Le dee dentro la donna).

La donna che vive in un rapporto coniugale, come Hera, spesso dimentica la sua verginità psicologica e se ne allontana. Per questo può essere utile, per ritrovare sé stessa e rinnovare le proprie energie provvedere a un rituale simbolico di rigenerazione interiore.

Concedetevi una serata in solitudine, uno spazio personale di riposo e di cura per voi stesse. Scegliete un giorno in cui vostro marito è assente, mandate i figli a dormire dagli amici, staccate il telefono…

 
Preparatevi un bagno con molta cura: accendete intorno alla vasca quante più candele potete disporre; scegliete il loro colore in accordo alla vostra personalità profonda o a quegli aspetti sopiti di voi che volete risvegliare: bianco, viola, lilla se siete orientate alla spiritualità, blu se siete comunicative, verdi o rosa se sono i sentimenti e le cose del cuore che contano per voi, giallo arancio se siete solari aperte, concrete e fattive, rosse se siete istintive, carnali, sensuali… nero se siete creative, sensitive, oscure…

Scegliete un incenso o un olio essenziale da sciogliere nell’acqua che sia ugualmente in accordo con i vostri intenti. Se vi piace procuratevi anche una musica rilassante.
Potete disporre anche dei fiori intorno alla vasca, scegliere degli asciugamani nuovi e morbidi, portarvi uno spuntino o un calice di vino o una bevanda che preferite.

Concedetevi un lungo bagno visualizzando lo sciogliersi nell’acqua delle stratificazioni che vi siete imposte e riportate alla luce la vera voi stessa, le vostre qualità, i vostri pregi e le vostre aspirazioni.
Concedetevi lunghe pause nell’acqua tiepida pensando solo a come veramente siete, a tutto ciò che di sacro e vero custodite dentro di voi. Lavando la vostra pelle portatelo in superficie, lasciate che traspaia nel vostro aspetto, chiedete alla Dea di rinforzarvi nella consapevolezza della vostra unicità. Meditate, pregate, cantate… Soprattutto chiamate alla luce il vostro Genius, la vostra propria essenza, l’espressione della vostra natura feconda…

Dopo preparatevi una cena gradevole, che comprenda anche un piatto di lattuga, giusto per ricordarvi che non è più tempo di essere sottoposte a nessun genere di limitazione che derivi dal vostro sesso di appartenenza.

Ripetete questo bagno ogni volta che sentite di esservi perse, che avete bisogno di ricentrarvi nel vostro ruolo originario.
Hera lo ripeteva ogni anno prima di riassumere le vesti di Dea Fanciulla, prima di riaffrontare il ciclo delle stagioni produttive.


LA CINTURA DI AFRODITE

Quando volete avvicinarvi al vostro compagno di sempre e avete qualche difficoltà, volete far pace o semplicemente passare una serata un po’ più intensa del solito, potete ispirarvi a un’altra abitudine di Era che era solita chiedere ad Afrodite la sua magica cintura di seduzione.

Non potete chiederla in prestito a Afrodite ma potete acquistarne una per lo scopo e dedicarla sempre a tale uso: può essere una cintura o una fascia di seta, purché vi doni ed esalti le vostre forme femminili.

Consacratela ad Era e chiedetele di benedirla e di infondervi il potere di risvegliare in voi attrazione e seduzione. Indossatela con regalità ogni volta che volete richiamare l’attenzione del vostro compagno.

Però ricordatevi che da sola non basterà: spesso nelle coppie si dimentica che il dialogo è la base di tutto… se la serata non ha successo, ma voi sapete che vale la pena di credere ancora nel vostro matrimonio, continuate a invocare Era e ritentate…
 


LA DEA NON INVITATA

Come conclusione rendiamo omaggio a una Dea importante, non più amata ma sempre presente…

  A Era

Non ti ho invitata, Era, a benedire la mia vita.

Non ho riconosciuto la bellezza
nella magica luminescenza del pavone,
la tenacia nella greve fissità dell’animale,
il candore nella perlacea luce del giglio.

Ho già scontato, Era, la collera feroce che colpisce
chi non calpesta i tuoi cortili
chi diserta i tuoi altari.

Ti porto in dono ora la trama fragile dei giorni
in tua assenza consumati.

L’incompiutezza è imperdonabile?

Che sia tu ad invitarmi adesso
che le ombre si fan lunghe
al fedele mistero che ci unisce.

© Rosa Carotti, Ottobre 2002






© 2005 Testo e ricerca di Maria Giusi Ricotti


Qualsiasi riproduzione, senza esplicito consenso dell'autrice, è vietata.

Revisione del 31 gennaio 2008

L'AUTRICE

Maria Giusi Ricotti, grafico editoriale e ceramista, nata a Milano. Per amore è approdata molti anni fa in Sardegna, dove vive con la sua famiglia e lavora.

È fondatrice di Il Calderone Magico che è - oltre che un sito web ed una mailing list di spiritualità femminile - un laboratorio artigiano nel centro storico di Cagliari.

mariagiusi@ilcalderonemagico.it
http://it.groups.yahoo.com/group/ilcalderonemagico
Il Calderone Magico - laboratorio - Corso Vittorio Emanuele 349/351, Cagliari


Bibliografia

* Inni Orfici, ed. Lorenzo Valla trad. Gabriella Ricciardelli
** Poesia di Franca Spagnolo, tratta da http://www.sangiorgioinsieme.it/caleidoscopio2.html
Jean Shinoda Bolen, Le dee dentro la donna. Una nuova psicologia femminile, Astrolabio 1991
Robert Graves, I miti greci, Longanesi, 1963
Federico Condello http://www.einaudiscuola.it/enciclopedia_antico/lemmi/era.html
Il Dio maschile di Eva Figes (1969) http://www.geocities.com/~tesorino/Il_sito_delle_streghe/p_varie_figes5.html–
http://www.nogod.it/calendariolaico.htm
http://www.italica.rai.it/rinascimento/parole_chiave/schede/giunone.htm
http://www.siciliano.it/libri-sicilia.cfm?ID=2709
http://www.arthistory.sbc.edu/imageswomen/papers/sosahera/hera.html
http://www.occultopedia.com/h/hera.htm
http://www.pantheon.org/articles/h/hera.html
http://www.gogoddessgirl.com/goddess_hera.php
http://www.specchiomagico.net/befana.htm
La Madonna del Granato nella terra del Cilento di Irene Quaresima. http://www.napoliontheroad.it/quaresimamadonna_granato.htm
http://www.canino.info/inserti/monografie/etruschi/dei_etruschi/uni.htm


IMMAGINI

http://www.lunaea.com/goddess/ power/hera.html
http://www.theoi.com/Gallery/S4.2.html
Juno BY GEOFFREY FALKSON
http://www.deuxiemerenaissance.com/statico/nel_giardino_delle_esperidi.htm
Hera di Samo, 570 a.C., Louvre, Parigi
Il Melograno di Arkaura
Era e Zeus tratto da http://www.lesposedimajorca.com/
Era e Zeus tratto da http://www.acepilots.com/iliad/index.php?cat=14
Juno di Moreau tratto da http://www.wilsonsalmanac.com/ book/mar7.html
Uni, tratto da http://www.mysteriousetruscans.com/art/art.html
Giunone, Palazzo vendramin, Venezia, tratto da http://www.vendramincalergi.com/palazzo/bar.asp
Hera Argiva, tratto da http://www.culturacampania.rai.it
Juno verkleidet di Béla Hassforther, immagine tratta dalla pagina http://www.bela1996.de/ art/kunst1998.html
Hera e Zeus
Juno
Hera by Richard Franklin, tratto da http://www.paleothea.com/Gallery/HeraFranklin.html
Testa di Hera, 420 aC, Museo archeologico di Atene
Il bagno di Era, Trono Ludovisi, http://fr.encarta.msn.com
Hera, http://library.thinkquest.org/06aug/01436/hera.htm

Juno, tratto da http://tanhorse71.tripod.com/id18.html














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