Iside
è il gran potere generativo femminile,
l'essenza delle cose.
PLATONE, secondo Plutarco |
Un elemento dell’antica cosmogonia destinato a sopravvivere
alla magia egiziana fu il culto della grande dea Iside, colei che
evoca ogni cosa gentile, la tenerezza della madre, la devozione della
moglie, la fecondità e la grazia della donna.
Ella vivifica tutto ciò che è nato e tutto ciò
che cresce, rigonfia colle sue lacrime le acque del Nilo, che, straripando,
fertilizzano la contrada. La sua anima dimora nella stella Sirio,
che per migliaia di anni, spuntando nel cielo mattutino durante il
solstizio d'estate, segnalò agli Egiziani il ritorno della
benefica inondazione del Nilo. Così si ripeteva eternamente
l’atto creativo: risuscitato dal pianto di Iside, il marito
Osiride, il Nilo sacro, risorgeva a nuova vita e fecondava la verdeggiante
terra d’Egitto.
Iside dai tanti nomi riuniva in sé le qualità di molte
divinità locali.
Il fedele ricercava la sua protezione e lo straniero riconosceva in
lei i tratti della dea madre della propria terra: Minerva, Afrodite,
Cerere, Ecate...
Ma Iside sovrastava su tutte. Il suo carattere materno rendeva per
contrasto più ripugnante l'oscena e crudele condotta di Astarte,
di Anaitis, di Cibele, le formidabili divinità orientali che
esigevano l’olocausto delle fanciulle e la mutilazione dei giovani.
Di fronte a quelle che si compiacevano del sacrificio umano, della
guerra, della sterilità, Iside amava e proteggeva la vita.
Il suo culto si propagò attraverso l'Europa e l’Asia
occidentale, ed ebbe aderenza col nascente Cristianesimo. Molti attributi
della Santa Vergine risalgono ad Iside: l’Immacolata; Mater
Domina - l’appellativo che s'è trasmesso nella denominazione
Madonna.
«Realmente» dice J. G. Frazer nel descrivere
il culto di Iside «il suo rituale maestoso, i suoi preti
rasi e tonsurati, i suoi mattutini e i suoi vespri, il tintinnio della
sua musica, il battesimo e l’aspersione d'acqua consacrata,
le processioni solenni, le ingioiellate immagini della Madre di Dio,
presentavano altrettanti punti di contatto colle fastose cerimonie
del Cattolicesimo».
Ogni elemento attinente alla figura e all’abbigliamento della
dea aveva il suo riposto significato. Il piedistallo della sua statua
nella città di Sais recava incise queste enigmatiche parole
: «Io sono tutto quello che fu, che è, che
sarà... E nessuno dei mortali riuscì mai a scoprire
quel che s’asconde sotto il mio velo».
Apuleio (II secolo dell’era cristiana) ritrae minutamente la
dea, e dalla sua vivida descrizione il gesuita Atanasio Kircher (1601-1680)
fece trarre un'incisione in legno (in basso, nella pagina), nella
quale Iside è coronata d'una treccia di capelli, simbolo dell’influenza
lunare sulle erbe e i foraggi. Spighe di frumento le adornano il capo,
perché la dea scoprì il grano e insegnò a coltivarlo.
I suoi capelli son tesi attorno a una sfera che rappresenta il mondo
e poggia su di una ghirlanda di fiori esprimenti il suo influsso sul
regno delle piante. Nella ricca acconciatura del capo due serpenti
raffigurano il potere generativo della luna e il suo cammino sinuoso.
I fluenti capelli l’appalesano per nutrice del cosmo. Nella
mano sinistra porta un secchiello, simbolo dell’inondazione
del Nilo; nella destra regge il sistro, il tinnulo strumento del suo
culto, che secondo Kircher la dichiara genio del Nilo e guardiana
contro ogni male. Il vestito riluce di tutti i colori lunari, e qual
regina del firmamento si copre di un manto stellato, dalla balza decorata
di fiori, allegoria del suolo ferace e ricordo del fatto che Iside
scoprì le salutari virtù dei succhi vegetali. Sul grembo
reca una mezza luna, i cui raggi magici fertilizzano il terreno, e
poggia col piede destro sulla terraferma e col sinistro sull’acqua,
poiché presiede ad ambedue gli elementi. Ella è la Stella
Maris, la patrona di tutti quelli che viaggiano sull’oceano,
e la nave, simbolo femminile, è a lei consacrata.
I fedeli contemplavano
con desiosa curiosità questi suggestivi attributi che
stimolavano le immaginazioni, e la figura della dea occupava
le menti tanto dell’uomo semplice quanto del filosofo.
Chi bramava una sapienza più alta ben presto si disinteressava
dell’interpretazione materialistica degli stoici (per
i quali il mito simboleggiava il Nilo straripante, o l’eclissi
lunare o altri eventi astronomici), e dal mondo bruto si ritraeva
alla sfera delle idee, vagheggiando di trovare una chiave trascendentale
alla leggenda della madre del mondo.
Plutarco, sensibile all'ideologia esoterica platonica ed orientale,
ragiona in termini misteriosi della santa trinità di
Osiride, Iside e del loro figlio Horus. Questi gli sembrano
personificare l’Intelligenza, la Materia e il Cosmo, ed
insieme formano il triangolo perfettissimo, le cui proporzioni
esprimono un segreto divino: la base, pari a quattro, è
Iside, l’elemento femminile che concepisce; l’altezza,
equivalente a tre, è Osiride, il principio maschile che
crea; l’ipotenusa, cinque, è Horus, la prole.
Ogni triangolo tracciato secondo questi rapporti è un
diagramma sacro dotato di potere magico; e anche i tre numeri
che lo costituiscono manifestano forze soprannaturali. Tanto
gli egiziani quanto i filosofi pitagorici s’erano appassionati
alla dottrina dei numeri e ogni qual volta in tempi posteriori
numeri e figure geometriche appaiono nei cerchi magici o sui
talismani, discendono dall’antica numerologia. |
|
|
«I numeri
alludono a qualche mistero che Pitagora ha appreso nei templi egiziani, e si riferiscono a cerimonie che vi si effettuano o a simboli che
vi si esibiscono». Così s'esprime Plutarco, ma non
sa o non vuole rivelare il segreto, sebbene ripetutamente affermi
che in ciò s'adombra un profondo significato: tutto nella religione
egiziana - sono le sue parole – dev’essere inteso allegoricamente.
Iside è pervenuta all’occidente cristiano non solo nel
culto della Madonna, ma anche nell’occulta dottrina dei maghi.
Questi, seguendo le idee di Plutarco, scoprirono nella dea-madre dell’antichità
l’emblematica rappresentazione dell’Anima del Mondo, che
alimenta l’intero creato secondo l’ordine divino. Bandita
dal cielo cristiano, Iside continua a seminare nel mondo delle stelle
e sulla terra l’essenza vitale. «Ella è la
parte femminile della natura, ossia l’attività creativa».
Un’incisione
del XVII secolo raffigura l’Anima del Mondo che ancora conserva
alcuni simboli dell’antica Iside: i capelli fluenti, la mezzaluna
sul grembo, un piede sulla terra e l’altro nell’acqua.
Ella è incatenata a Dio secondo il detto di Plutarco: «Iside
partecipa sempre del Supremo»; e l’uomo è incatenato
a lei, poiché deve la vita al seme che le fluisce dal seno.
Altro tempo trascorse, ma non cancellò la sua immagine. Alla
fine del XVII secolo, fu ricordata da uomini che si sarebbero creduti
impervi a ogni sentimento magico, i condottieri della rivoluzione
francese. Nella solenne cerimonia compiuta in onore dell’Essere
Supremo, Robespierre, in un vago ricordo della misteriosa iscrizione
di Sais, sollevò il velo che copriva una gigantesca statua
di donna, Iside, il cui potere generativo era ora interpretato come
la Ragione, la Nutrice del progresso.
Tratto da “Lo
specchio della Magia” di
Burt K.Seligmann, Edizioni Casini, 1965
INNO DI ISIDE
Perché io sono la prima e l’ultima
Io sono la venerata e la disprezzata,
Io sono la prostituta e la santa,
Io sono la sposa e la vergine,
Io sono la madre e la figlia,
Io sono le braccia di mia madre,
Io sono la sterile, eppure sono numerosi i miei figli,
Io sono la donna sposata e la nubile,
Io sono Colei che dà alla luce e Colei che non ha mai
partorito,
Io sono la consolazione dei dolori del parto.
Io sono la sposa e lo sposo,
E fu il mio uomo che nutrì la mia fertilità,
Io sono la Madre di mio padre,
Io sono la sorella di mio marito,
Ed egli è il mio figliolo respinto.
Rispettatemi sempre,
Poiché io sono la Scandalosa e la Magnifica.
Rinvenuto a Nag Hammadi, Egitto;
risalente al III-IV secolo a.C.
|
INNO A ISIDE
Tu, invero, santa e sempre pronta
a venire in soccorso di tutti gli uomini,
sempre generosa nei confronti dei mortali,
ai miseri in disgrazia accordi l’amore dolce della madre.
Neanche un giorno o una notte e neanche un solo momento,
per quanto breve possa essere,
passa privo della tua benedizione,
senza che tu protegga gli uomini in terra e mare
e offra la tua destra che offre soccorso,
allontanate le tempeste dell’esistenza,
grazie alla quale sciogli anche i lacci
inestricabilmente aggrovigliati di ogni destino,
calmi le tempeste della fortuna e arresti i crudeli corsi degli Astri.
Gli Dei superstiti ti venerano,
gli inferi ti onorano,
tu fai ruotare la sfera del cielo,
illumini il sole,
governi il mondo e calchi il Tartaro.
Grazie a te le stelle diventano propizie,
grazie a te tornano le stagioni,
gli Dei si rallegrano e gli elementi sono tuoi schiavi.
Ad un tuo cenno soffiano i venti, le nubi danno nutrimento,
i semi germogliano, i germogli crescono.
Gli uccelli che attraversano il cielo,
le fiere che si aggirano suoi monti,
i serpenti che si nascondono sul terreno,
i mostri che nuotano nel mare temono la tua maestà.
Ma le mie capacità sono troppo deboli
per far riecheggiare le tue lodi,
né sono così ricco da poterti offrire dei sacrifici,
né ho una così grande fecondia da poter dire
quelle cose che provo per la tua maestà,
né sarebbero sufficienti mille bocche ed altrettante lingue,
né una concatenazione senza fine di un sermone instancabile.
Pertanto cercherò di fare soltanto quello che invero può
fare
uno che è devoto ma per il resto è povero:
contemplerò le tue sembianze divine e il tuo santissimo nume
riposti nei più segreti recessi del mio cuore custodendoli
in eterno”.
Apuleio, Metamorphoses, XI, 25
IMMAGINI
Statua di Iside, produzione romana
del sec. II a.C., dal Tempio di Iside di Pompei
immagine tratta da http://www.culturacampania.rai.it
http://users.ucom.net/~vegan/Isis.htm
Iside di
Kircher, tratta da Lo Specchio della Magia
L'anima del Mondo, Incisione del XVII
sec., tratta da Lo Specchio della
Magia
|