O Iside, la Grande, Madre di Dio, Signora di Philae,
Moglie di Dio, Adoratrice di Dio, e Mano di Dio,
Madre di Dio e Grande Sposa Reale,
Adornamento e Signora degli Ornamenti del palazzo.
Signora e desiderio dei Campi Verdi,
Fanciulla che riempie il palazzo con la sua bellezza,
Fragranza del palazzo, padrona della gioia,
Che completa il suo corso nel Luogo Divino.
Nube di pioggia che rende verdi i campi quando discende,
Fanciulla, dolce d'amore, Signora dell'Alto e del Basso Egitto,
Che dispensa ordini nella divina Enneade,
In accordo a tali comandi si governa.
Principessa, grande nella lode, signora di fascino,
il cui viso apprezza il gocciolio della mirra fresca.

Dal III Inno a Iside, Tempio di Philae

ISIDE

di Burt Seligmann

Iside è il gran potere generativo femminile,
l'essenza delle cose.

PLATONE, secondo Plutarco



Un elemento dell’antica cosmogonia destinato a sopravvivere alla magia egiziana fu il culto della grande dea Iside, colei che evoca ogni cosa gentile, la tenerezza della madre, la devozione della moglie, la fecondità e la grazia della donna.
Ella vivifica tutto ciò che è nato e tutto ciò che cresce, rigonfia colle sue lacrime le acque del Nilo, che, straripando, fertilizzano la contrada. La sua anima dimora nella stella Sirio, che per migliaia di anni, spuntando nel cielo mattutino durante il solstizio d'estate, segnalò agli Egiziani il ritorno della benefica inondazione del Nilo. Così si ripeteva eternamente l’atto creativo: risuscitato dal pianto di Iside, il marito Osiride, il Nilo sacro, risorgeva a nuova vita e fecondava la verdeggiante terra d’Egitto.

Iside dai tanti nomi riuniva in sé le qualità di molte divinità locali.
Il fedele ricercava la sua protezione e lo straniero riconosceva in lei i tratti della dea madre della propria terra: Minerva, Afrodite, Cerere, Ecate...

Ma Iside sovrastava su tutte. Il suo carattere materno rendeva per contrasto più ripugnante l'oscena e crudele condotta di Astarte, di Anaitis, di Cibele, le formidabili divinità orientali che esigevano l’olocausto delle fanciulle e la mutilazione dei giovani. Di fronte a quelle che si compiacevano del sacrificio umano, della guerra, della sterilità, Iside amava e proteggeva la vita.

Il suo culto si propagò attraverso l'Europa e l’Asia occidentale, ed ebbe aderenza col nascente Cristianesimo. Molti attributi della Santa Vergine risalgono ad Iside: l’Immacolata; Mater Domina - l’appellativo che s'è trasmesso nella denominazione Madonna.
«Realmente» dice J. G. Frazer nel descrivere il culto di Iside «il suo rituale maestoso, i suoi preti rasi e tonsurati, i suoi mattutini e i suoi vespri, il tintinnio della sua musica, il battesimo e l’aspersione d'acqua consacrata, le processioni solenni, le ingioiellate immagini della Madre di Dio, presentavano altrettanti punti di contatto colle fastose cerimonie del Cattolicesimo».

Ogni elemento attinente alla figura e all’abbigliamento della dea aveva il suo riposto significato. Il piedistallo della sua statua nella città di Sais recava incise queste enigmatiche parole : «Io sono tutto quello che fu, che è, che sarà... E nessuno dei mortali riuscì mai a scoprire quel che s’asconde sotto il mio velo».

Apuleio (II secolo dell’era cristiana) ritrae minutamente la dea, e dalla sua vivida descrizione il gesuita Atanasio Kircher (1601-1680) fece trarre un'incisione in legno (in basso, nella pagina), nella quale Iside è coronata d'una treccia di capelli, simbolo dell’influenza lunare sulle erbe e i foraggi. Spighe di frumento le adornano il capo, perché la dea scoprì il grano e insegnò a coltivarlo. I suoi capelli son tesi attorno a una sfera che rappresenta il mondo e poggia su di una ghirlanda di fiori esprimenti il suo influsso sul regno delle piante. Nella ricca acconciatura del capo due serpenti raffigurano il potere generativo della luna e il suo cammino sinuoso. I fluenti capelli l’appalesano per nutrice del cosmo. Nella mano sinistra porta un secchiello, simbolo dell’inondazione del Nilo; nella destra regge il sistro, il tinnulo strumento del suo culto, che secondo Kircher la dichiara genio del Nilo e guardiana contro ogni male. Il vestito riluce di tutti i colori lunari, e qual regina del firmamento si copre di un manto stellato, dalla balza decorata di fiori, allegoria del suolo ferace e ricordo del fatto che Iside scoprì le salutari virtù dei succhi vegetali. Sul grembo reca una mezza luna, i cui raggi magici fertilizzano il terreno, e poggia col piede destro sulla terraferma e col sinistro sull’acqua, poiché presiede ad ambedue gli elementi. Ella è la Stella Maris, la patrona di tutti quelli che viaggiano sull’oceano, e la nave, simbolo femminile, è a lei consacrata.

I fedeli contemplavano con desiosa curiosità questi suggestivi attributi che stimolavano le immaginazioni, e la figura della dea occupava le menti tanto dell’uomo semplice quanto del filosofo. Chi bramava una sapienza più alta ben presto si disinteressava dell’interpretazione materialistica degli stoici (per i quali il mito simboleggiava il Nilo straripante, o l’eclissi lunare o altri eventi astronomici), e dal mondo bruto si ritraeva alla sfera delle idee, vagheggiando di trovare una chiave trascendentale alla leggenda della madre del mondo.

Plutarco, sensibile all'ideologia esoterica platonica ed orientale, ragiona in termini misteriosi della santa trinità di Osiride, Iside e del loro figlio Horus. Questi gli sembrano personificare l’Intelligenza, la Materia e il Cosmo, ed insieme formano il triangolo perfettissimo, le cui proporzioni esprimono un segreto divino: la base, pari a quattro, è Iside, l’elemento femminile che concepisce; l’altezza, equivalente a tre, è Osiride, il principio maschile che crea; l’ipotenusa, cinque, è Horus, la prole.
Ogni triangolo tracciato secondo questi rapporti è un diagramma sacro dotato di potere magico; e anche i tre numeri che lo costituiscono manifestano forze soprannaturali. Tanto gli egiziani quanto i filosofi pitagorici s’erano appassionati alla dottrina dei numeri e ogni qual volta in tempi posteriori numeri e figure geometriche appaiono nei cerchi magici o sui talismani, discendono dall’antica numerologia.
 

«I numeri alludono a qualche mistero che Pitagora ha appreso nei templi egiziani, e si riferiscono a cerimonie che vi si effettuano o a simboli che vi si esibiscono». Così s'esprime Plutarco, ma non sa o non vuole rivelare il segreto, sebbene ripetutamente affermi che in ciò s'adombra un profondo significato: tutto nella religione egiziana - sono le sue parole – dev’essere inteso allegoricamente.

Iside è pervenuta all’occidente cristiano non solo nel culto della Madonna, ma anche nell’occulta dottrina dei maghi. Questi, seguendo le idee di Plutarco, scoprirono nella dea-madre dell’antichità l’emblematica rappresentazione dell’Anima del Mondo, che alimenta l’intero creato secondo l’ordine divino. Bandita dal cielo cristiano, Iside continua a seminare nel mondo delle stelle e sulla terra l’essenza vitale. «Ella è la parte femminile della natura, ossia l’attività creativa».

        

Un’incisione del XVII secolo raffigura l’Anima del Mondo che ancora conserva alcuni simboli dell’antica Iside: i capelli fluenti, la mezzaluna sul grembo, un piede sulla terra e l’altro nell’acqua.
Ella è incatenata a Dio secondo il detto di Plutarco: «Iside partecipa sempre del Supremo»; e l’uomo è incatenato a lei, poiché deve la vita al seme che le fluisce dal seno.

Altro tempo trascorse, ma non cancellò la sua immagine. Alla fine del XVII secolo, fu ricordata da uomini che si sarebbero creduti impervi a ogni sentimento magico, i condottieri della rivoluzione francese. Nella solenne cerimonia compiuta in onore dell’Essere Supremo, Robespierre, in un vago ricordo della misteriosa iscrizione di Sais, sollevò il velo che copriva una gigantesca statua di donna, Iside, il cui potere generativo era ora interpretato come la Ragione, la Nutrice del progresso.

 

Tratto da “Lo specchio della Magia” di Burt K.Seligmann, Edizioni Casini, 1965

INNO DI ISIDE

Perché io sono la prima e l’ultima
Io sono la venerata e la disprezzata,
Io sono la prostituta e la santa,
Io sono la sposa e la vergine,
Io sono la madre e la figlia,
Io sono le braccia di mia madre,
Io sono la sterile, eppure sono numerosi i miei figli,
Io sono la donna sposata e la nubile,
Io sono Colei che dà alla luce e Colei che non ha mai partorito,
Io sono la consolazione dei dolori del parto.
Io sono la sposa e lo sposo,
E fu il mio uomo che nutrì la mia fertilità,
Io sono la Madre di mio padre,
Io sono la sorella di mio marito,
Ed egli è il mio figliolo respinto.
Rispettatemi sempre,
Poiché io sono la Scandalosa e la Magnifica.

Rinvenuto a Nag Hammadi, Egitto; risalente al III-IV secolo a.C.


INNO A ISIDE


Tu, invero, santa e sempre pronta
a venire in soccorso di tutti gli uomini,
sempre generosa nei confronti dei mortali,
ai miseri in disgrazia accordi l’amore dolce della madre.

Neanche un giorno o una notte e neanche un solo momento,
per quanto breve possa essere,
passa privo della tua benedizione,
senza che tu protegga gli uomini in terra e mare
e offra la tua destra che offre soccorso,
allontanate le tempeste dell’esistenza,
grazie alla quale sciogli anche i lacci
inestricabilmente aggrovigliati di ogni destino,
calmi le tempeste della fortuna e arresti i crudeli corsi degli Astri.

Gli Dei superstiti ti venerano,
gli inferi ti onorano,
tu fai ruotare la sfera del cielo,
illumini il sole,
governi il mondo e calchi il Tartaro.

Grazie a te le stelle diventano propizie,
grazie a te tornano le stagioni,
gli Dei si rallegrano e gli elementi sono tuoi schiavi.
Ad un tuo cenno soffiano i venti, le nubi danno nutrimento,
i semi germogliano, i germogli crescono.

Gli uccelli che attraversano il cielo,
le fiere che si aggirano suoi monti,
i serpenti che si nascondono sul terreno,
i mostri che nuotano nel mare temono la tua maestà.

Ma le mie capacità sono troppo deboli
per far riecheggiare le tue lodi,
né sono così ricco da poterti offrire dei sacrifici,
né ho una così grande fecondia da poter dire
quelle cose che provo per la tua maestà,
né sarebbero sufficienti mille bocche ed altrettante lingue,
né una concatenazione senza fine di un sermone instancabile.
Pertanto cercherò di fare soltanto quello che invero può fare
uno che è devoto ma per il resto è povero:
contemplerò le tue sembianze divine e il tuo santissimo nume
riposti nei più segreti recessi del mio cuore custodendoli in eterno”.

Apuleio, Metamorphoses, XI, 25




IMMAGINI

Statua di Iside, produzione romana del sec. II a.C., dal Tempio di Iside di Pompei
i
mmagine tratta da http://www.culturacampania.rai.it

http://users.ucom.net/~vegan/Isis.htm

Iside di Kircher, tratta da Lo Specchio della Magia

L'anima del Mondo, Incisione del XVII sec., tratta da Lo Specchio della Magia













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